venerdì 5 giugno 2015

[ritratti] - TIMORI, TREMORI E TREPIDAZIONI di un’esordiente sull’orlo del debutto (Monica Coppola)



 Venerdì, 15 maggio:  -1 al Viola Day



Ore 7.30

Mi sveglio sotto un cielo minaccioso e plumbeo. Con aria crucciata preparo la colazione, afflitta da interrogativi ansiogeni assortiti.
«E se domani piove?» mi ritrovo a domandare ad alta voce.
Mi rispondono i silenziosi sguardi d’intesa, impastati di sonno e sopportazione, delle mie figlie che ormai non mi reggono più.
Francesca, la maggiore, tuffa un taralluccio nel latte e alza le spalle: «Che ti frega tanto sei al chiuso.»
«Eh ma ho i sandali! Forse dovrei mettermi le All star...», affermo già piena di ripensamenti.
Sono in pieno loop da pre-debutto, completamente succube della perenne indecisione e dai cambi di umore piuttosto repentini.
«Se piove ti copri con il mio ombrello di Peppa Pig» suggerisce generosamente Chiara, la minore.
Visualizzo una proiezione mentale in cui incombe la tempesta ed io annaspo verso il Salone con un vestito a fiori e i capelli irrimediabilmente crespi, riparata soltanto da un minuscolo ombrellino a porcelli. I bodyguard all’ingresso mi osservano, sghignazzano e si rifiutano di farmi entrare.
La truce visione mi fa diventare pallida come il latte ad alta digeribilità in cui Chiara, con un misto di sadico divertimento, sta shakerando uno sventurato frollino da almeno quindici minuti.
Francesca percepisce il mio terrore, smanetta sul suo smartphone e mi rassicura.
«Dai mamma non pioverà! Guarda, su meteo.it danno ventotto gradi domani.» e mi passa sorridente un biscotto scacciapensieri.
«Ventotto gradi?» domando sbriciolando il dolcetto dalla tensione «Ma io ho il giacchino in ecopelle! Morirò dal caldo!»
Al flash precedente se ne sostituisce un secondo in cui ci sono io paonazza dietro ai microfoni, che zampillo come un boccione dispenser di acqua microfiltrata. «Impossibile. Tu non sudi nemmeno quando facciamo X tempo Energy.» asserisce sicura Francesca sistemandosi lo zaino sulle spalle.
In effetti non ha torto. Nonostante sgambetti come un’ossessa pur di bruciare qualche caloria le mie magliette restano sempre semi intatte. Tanto che la mia insegnante mi ha vivamente consigliato uno due fiaschetti di diuretico prima e dopo i pasti.
«Sei in una botte di ferro mamma. Tranquilla!» Francesca mi lancia un bacio, ruba un mini muffin alla sorellina e svanisce, accompagnata dal primo minaccioso e roboante tuono.
Tranquilla un ciufolo…




Ore 13.30

Per evitare che la mia mente proliferasse nel generare proiezioni nefaste legate all’imminente debutto, mi sono tuffata nelle pratiche da ufficio. La mattina è volata veloce ed ora devo precipitarmi a raggiungere Mary, la fata madrina di Viola, per sistemare le ultime cose.
Ho già evitato il temporale e preso un tram al volo e sono moderatamente ottimista.
Ma a tre fermate dall’arrivo, alla vettura girano i circuiti, e così succede che si ferma e dobbiamo scendere tutti.
Camminare non mi spaventa ma oggi purtroppo ho i tacchi – giusto per ammorbidirli e fare prove di equilibrio – due enormi shopper imbottite di gadget racchiusi in conetti cartone profumato alla vaniglia e violetta, un trolley con alcune copie del romanzo e un sacchetto bio con kiwi e gallette.
Appena scendo, la tempesta si scatena, nemmeno fossi nella foresta pluviale.
Accelero il passo e impreco mentre mi sale uno strano solletico alla gola, accompagnato da qualche colpetto dispettoso di tosse.
Sarà l’affanno, penso tra me, mentre inzuppata e carica vado avanti.
Raggiungo casa di Mary annaffiata, ma con libri e scatoline miracolosamente in salvo.
Mentre le racconto l’accaduto sento che il mio tono di voce si abbassa.
Pericolosamente.
Deglutisco e raschio la gola un paio di volte.
«Sto… perdendo la voce…» sibilo terrorizzata.
«No eh!», Mary sgrana i suoi grandi occhi nocciola, «Non fare scherzi!»
Il mio cervello ne approfitta per regalarmi un nuovo cortometraggio in cui questa volta i capelli sono a posto e i bodyguard gentili, ma io sono completamente afona, davanti a un pubblico che mi osserva curioso.
«Stai ferma lì, non parlare, non respirare, non fare niente» mi lancia un asciugamano e inizia a tirare fuori caramelle balsamiche, miele e tisane.
Il campanello suona. È il nostro amico attore che ha avuto pietà dei nostri sms di supplica e viene a darci due dritte su come parlare in pubblico senza tirare le cuoia.
Dice di non preoccuparmi per la mia voce perché domani sarà forte e chiara.
Mi scolo due tazze di tisana e ascolto con attenzione. Mary a titolo precauzionale accende un deumidificatore, due bacchette d’incenso e una candela votiva. Almeno dove non arriva la medicina magari provvede la grazia divina. Non si sa mai. E in questa cornice surreale, tra suoni gutturali , parole sparate a raffica, vocali troppo aperte e bocca troppo chiusa, svolgiamo la nostra prima lezione di public speaking.

Ore 19.30

La voce sta tornando quasi normale. Per non rischiare Mary mi ha imposto una delle sue sciarpe di pura lana che ora porto avvolta al collo. Piccola nota dolente: in mezzo giro di lancetta lunga, siamo passati da meno diciotto a ventotto gradi. E mi trovo in un bus surriscaldato poiché, inspiegabilmente, un terzo della popolazione torinese al posto di andare a fare l’happy hour ha deciso di salire sul 2. E ora siamo qui tutti insieme, ammassati appassionatamente.
Io sto praticamente baciando la timbratrice elettronica e intanto cerco di proteggere le scatoline da pressature ed urti che potrebbero rivelarsi fatali. Ogni tanto tuffo il naso dentro per aspirare il buon profumo di vaniglia e violetta e mi rassereno.
Mi sa che Elena, la ragazza del bioshop che li ha confezionati per me, deve averli intinti anche nei fiori di Bach per alleviare la mia ansia che trapelava perfino dalle mail che le ho inviato a raffica.
Credo che gliene sarò grata a vita. A lei come a tutti quelli che stanno sopportando e supportando il mio sclero in questa magnifica ma terrorizzante avventura.
Sta già per scapparmi la lacrimuccia ma poi il bus si ferma alla mia fermata e io devo raccattare tutte le mie cose e scendere. Prima di essere travolta dalle emozioni che già mi solleticano il cuore e la gola.

Sabato 16 maggio: Il Viola Day!

Ore 8.00

Morfeo ha avuto pietà di me, facendomi ronfare beata tutta la notte.
Anche il mio amorevole marito è sorpreso dalla cosa, ma soprattutto ha evitato almeno per una notte, le consuete quattro mappine che gli rifilo per tentare di interrompere le sue esibizioni di russo notturno in la e fa maggiore.
Fuori c’è il sole, io ho un sorriso stile paresi e sono in fibrillazione.
Faccio un paio di vocalizzi test per capire la situazione: la voce traballa un po’ e sono già in astinenza salivare ma posso farcela.
Faccio il primo shampoo della giornata (ne seguiranno altri due) e spezzetto un muffin con aria sognante mentre il batticuore incalza. Sono un amalgama di emozioni sfaccettate e contrastanti.
Ho voglia di saltare di gioia e anche di piangere a dirotto.
Del resto è un giorno troppo importante, quello che aspettavo da una vita intera.
Tampono mascara e lacrimuccia sfuggente, ripasso il gloss, indosso il giubbotto ciclamino, attacco il pass di accredito alle maglie della maxi collana e salto sul mio arrugginito Doblò in direzione Salone del Libro, trepidante verso le prime sorprese del Viola day.

Ore 10.00

Non ci posso credere, sono arrivata puntuale! Ho il mio pacco di biscottini torinesi che non vedo l’ora di far assaggiare alle blogger del gruppo “Lettrici Geograficamente sparse.”
Anche perché hanno fatto degli incastri pazzeschi e si sono svegliate all’alba per venirmi a salutare in Booksalad prima di dare il via alla maratona di libri e presentazioni.
E io sono strafelice.
In questi giorni ci siamo wathsappate a manetta ed ho ricevuto dosi maxi di entusiasmo e affetto. Adesso ho una voglia matta di dare un volto e diversi abbracci a queste amicizie sbocciate sui social. Vedo tre paia di All star avanzare verso lo stand ed esulto infischiandomene del bon ton torinese.
Sbricioliamo sorrisi e biscotti, ci scambiamo doni, libri, segnalibri,selfie e bigliettini.
Per loro è la prima volta al Salone tutte insieme come blogger.
Per me è la prima volta come autrice. 
Credo che conserveremo tutte questo momento nella scatola dei ricordi preziosi.
Ci salutiamo con la promessa di nuovi incontri.
I visitatori iniziano ad affluire, qualcuno prende in mano il mio romanzo, lo commenta, lo sfoglia.
Livio ed Anna Sophie, i miei editori, mi presentano come l’autrice e io saluto con entusiasmo. In realtà vorrei accucciarmi tra gli scatoloni sotto lo stand. O anche solo scappare dalla prima uscita di sicurezza. Però non lo faccio.
Perché solo in quel momento, quando vedo persone che non conosco comprare Viola o chiedermi delle curiosità sul romanzo, mentre vedo i miei editori che raccontano la trama, mi rendo conto che, cavoli, sta succedendo davvero!
Però la mia pancia si arrovella come un involtino primavera.

Ore 15.30

Dopo una tappa obbligatoria dall’ estetista per debellare eventuali cenni di irsutismo e dal fidato Maestro di Haute coiffure, che ha lottato a colpi di piastra e brush per domare il mio carré, sono di nuovo a casa. Sto bene, se non fosse per un allegro trio di polpette alle melanzane che mi fa girotondo nello stomaco. Non dovevo, lo so. Il saggio amico attore mi aveva vivamente raccomandato di fare solo un pasto leggero. Ma poi io sono passata a portare i biglietti d’ingresso al Salone a casa di mia suocera e le polpette erano lì, fumanti e appetitose e io per settimane mi sono nutrita solo di vegetali e gallette e… quindi è andata come è andata. Mi consolo pensando che almeno avrò più energie per questa sera.
Mancano ormai una manciata di ore che non stanno dentro una mano, come io non sto più nella pelle. Mi arriva una nuova ondata di timori, tremori e trepidazioni.
Calma e concentrazione. Niente panico. Adesso faccio gli esercizio sconfiggi ansia che ho imparato ieri. Prendo il tappetino in lattice espanso e il mastodontico vocabolario di Latino di Francesca.
Mi sdraio e appoggio IL CASTIGLIONE MARIOTTI sull’addome, iniziando a concentrarmi sulla respirazione. Inspira, espira. La mia pancia si gonfia e sgonfia come un palloncino.
In effetti funziona: mi sto davvero rilassando. Anche troppo perché ad un tratto l’adrenalina cala e mi arriva una botta di abbiocco. Sono le 16, magari un micro pisolino ci può stare.
Così stasera sarò fresca, riposata e, tra polpette e sonnellini, piena di energia… spero.
Sprofondo tra le lenzuola e piombo in un sonno profondo per circa dieci minuti. In cui accade di tutto. Microfoni che non funzionano, scene mute, vestiti con la zip che non si chiude, congiuntivi cannati in pieno.
Mi risveglio agitata e sudata a dimostrazione che il fenomeno di traspirazione avviene anche nel mio corpo. Solo nei momenti meno opportuni, ecco.
Il relax precedente è svanito, come la mia piega, che è incautamente spirata, pressata tra i cuscini del mio fatale riposino.
Francesca, che sta vivendo con serenità pacifica il mio debutto, godendosi l’assenza della sorellina minore che abbiamo esiliato dalla nonna paterna, mi osserva preoccupata.
«Hai tutti i capelli schiacciati» afferma senza pietà tornando immediatamente a concentrarsi sulle prove di Amici del duetto di Briga/Tiziano Ferro che, a causa mia, sarà costretta a perdersi.
«Va beh, dopo mi passo la piastra» fingo indifferenza e metto su la moka. In questo stato di tensione la caffeina mi farà solo solletico. O al massimo disintegrerà le melanzane.
«Senti Francy mi ascolti mentre provo ad improvvisare il discorso di questa sera?»
«Devo proprio?», scrollando le spalle, «Tanto devi improvvisare, no?»
«Sì, sì. Però giusto per capire i tempi, se mi impappino e se ha un senso quello che dico.»
Lei sorseggia un estathè alla pesca, con lo sguardo fisso alla De Filippi che cerca di convincerci, senza crederci per niente, della bontà dei confetti mandorlati.
«Okay, però vai nell’altra stanza, io ti sento da qui», mi concede extrema ratio, «Sbrigati che tra poco la televendita finisce.»
Acconsento anche perché i miei margini di trattativa sono piuttosto limitati in questo momento.
Vado in camera da letto, respiro e mi metto davanti allo specchio.
“Sicurezza, padronanza dello spazio” ha ripetuto ieri l’attore allenatore. “Respiro di pancia e non di gola. Serenità. Gioia. È un momento bello. Non vai al patibolo.”
Già, ha assolutamente ragione, tutto vero. Ma allora chi è quell’esserino pallido e tremolante con il carré arruffato che mi osserva dallo specchio? (...continua...)


©Monica Coppola



1 commento:

  1. Hai fatto venire l'alsia anche a me :P

    P.S. comunque io il 2 vuoto non l'ho mai visto.

    RispondiElimina