giovedì 26 febbraio 2015

[eventi] - Le 4writers al One Billion Rising Revolution 2015


ONE BILLION RISING REVOLUTION – Viterbo 14 febbraio 2015

dal post originale del blog di Loriana Lucciarini


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Alzo le braccia al cielo
prego in ginocchio
non ho più paura
attraverserà quella soglia
Cammina, danza, insorgi
Sono capace di vedere un mondo in cui tutte viviamo
sicure e libere dall’oppressione
basta stupri, incesti o abusi
le donne non sono una proprietà
Tu non mi hai mai posseduta,
non mi hai mai conosciuta
non sono invisibile
sono semplicemente meravigliosa
sento il mio cuore correre per la prima volta
mi sento viva, mi sento così incredibile
Danzo perché amo
danzo perché sogno
danzo perché ne ho avuto abbastanza
danzo per fermare le grida
danzo per infrangere le regole
danzo per fermare il dolore
danzo per rovesciare tutto
E’ tempo di rompere la catena, oh sì,
rompere la catena…

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Il 14 febbraio le donne di tutto il mondo  si sono virtualmente unite in un’unica danza per dire basta alla violenza contro le donne e le bambine.
L’evento, creato da Eve Ensler autrice e attivista per i diritti delle donne, è al terzo anno consecutivo e ha coinvolto l’intero pianeta: 207 nazioni e più di 100 città italiane, fra cui Viterbo, dove ho partecipato anche io, a titolo delle 4writers e del progetto che stiamo portando avanti a sostegno di Erinna assieme ad Arpeggio Libero. 

Erinna è il centro antiviolenza proprio di Viterbo, che ha tenuto le redini dell’intera manifestazione.

Balli, voglia di vivere e di essere libere, di poter gestire la propria esistenza, il proprio corpo e la propria identità, testimonianze, letture e tanto altro ancora, per un evento che ha portato tutti a compiere una profonda riflessione su come cambiare davvero le cose.

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Il tutto si è svolto nella Piazza del Comune, nel primo pomeriggio del 14, in concomitanza con le altre piazze del resto del mondo. Un pomeriggio di letture e danza, con tutto l’amore, la gioia e l’energia di cui sono capaci le donne!


          

- more info qui -
- Erinna, centro antiviolenza -

∼ Loriana Lucciarini ∼

domenica 1 febbraio 2015

Febbraio e il mondo delle 4writers...



E’ febbraio monellaccio
molto allegro e un po’ pagliaccio;
ride, salta, balla, impazza,
per le vie forte schiamazza;
per le vie e per le sale
accompagna il Carnevale.
Se fra i mesi suoi fratelli
ve ne sono di più belli,
il più allegro e birichino,
sempre è lui, ch’è il più piccino.

(M. Vanni)


Inauguriamo il secondo mese dell'anno 2015
con nuovi contenuti di questo blog!


Per i Mondo delle donne, Loriana Lucciarini ci racconta la storia malinconica di un addio. Il suo racconto breve è "Una scelta generosa" e lo potete leggere qui



Per la sezione Racconti brevi, Monica Coppola, ci catapulta in una spassosissima avventura di viaggio tra donne: "Una poltrona... per due", da leggere tutto d'un fiato!  qui



Il contributo per la sezione Ritratti vi invitiamo a fare un salto nella storia, leggendo il diario impossibile di Andromaca, scritto per voi da Silvia Devitofrancesco, qui



Mentre per la sezione Poesie, "Riflessioni notturne" di Arianna Berna traduce in versi emozioni e stati d'animo in cui tutti possono riconoscersi. Potete leggerne i versi qui

Per la nuova sezione, inaugurata in questo 2015 e cioè Ritratti di famiglia, nei prossimi giorni pubblicheremo nuovi contributi...
Buona lettura!

Le 4writers

[il mondo delle donne] - Una scelta generosa - di Loriana Lucciarini



Sospiro asciugandomi una lacrima. A che serve ora piangere? Non si piange sul latte versato, tantomeno quando a versarlo lo si è fatto di proposito. L’ho visto andare via e l’ho salutato silenziosamente con la morte nel cuore. Ho sciolto i fili che ci tenevano uniti, ho detto addio a quel meraviglioso ragazzo, a tutti i ricordi belli che ci legavano.
Non so se poi mi pentirò di questa scelta, ma ho deciso che fosse quella giusta.


Forse qualcuno dirà che sono stata una stupida, che potevo fregarmene di tutto il resto, ma non ci sono riuscita. Mi meraviglio di me stessa, della mia generosità, del mio coraggio, perché per fare quello che ho fatto ce ne vuole di coraggio, e molto… dove ho trovato la forza?
Un gattino mi segue silenziosamente, forse ha compreso la mia pena e mi vuol consolare. Gli sorrido teneramente e lo accarezzo confidandogli ciò che provo.
“Micino, perché mi guardi così? Hai capito che sono triste?” e lo prendo in braccio, facendo girare qualche passante curioso.
“Oggi ho chiuso le porte alla mia vita e alla mia felicità… l’ho visto andare via con il cuore a pezzi, non so neppure dove ho trovato la forza di sorridergli ed augurargli tutta la fortuna del mondo!” mormoro seria, rivolta al gattino.

Avevo conosciuto Stefano ad una festa. Io, timida e riservata di carattere, me ne stavo in disparte, ma lui, che era l’anima della compagnia, mi aveva subito notata ed era venuto vicino invitandomi a ballare. La sua simpatia mi aveva contagiata, così mi aveva strappato un appuntamento e poi un altro e un altro ancora… finché non mi disse che per lui ero speciale e mi chiese di metterci insieme. Io avevo accettato subito perché mi piaceva tantissimo. Così la nostra storia d’amore ebbe inizio. Come gli innamorati camminavamo mano nella mano, ci fermavamo ad aspettare il tramonto, eravamo felici mentre intorno a noi non esisteva nulla, oltre noi e il nostro amore. Gli innamorati sono anche un po’ egoisti, si sa. Ma era proprio questa la nostra forza, ci faceva stare bene. Facevamo progetti ed eravamo il sostegno l’uno dell’altra.
Poi però una lontana amica di Stefano, Mariangela, ritornò nella nostra città e la loro vecchia amicizia si riallacciò. Iniziarono a frequentarsi assiduamente, ed un giorno Stefano me la presentò. Com’era bella! Biondi capelli morbidi, lineamenti delicati e sottili, fisico asciutto e perfetto. Mariangela era una ragazza splendida, dal carattere aperto e solare, piena di energia e talenti. Ma c’era un ma, Mariangela era cieca dalla nascita! Quanto appariva fragile ai nostri occhi, ma quanto era forte dentro, capace di non lasciarsi fermare da questa sua difficoltà.

Stefano fin da bambino aveva sempre provato affetto e un senso di protezione per questa ragazza sfortunata. Questo sentimento ora si era trasformato in amore. Amava Mariangela, questa dolce ragazza piena di voglia di vivere e tanto coraggio. Amava lei più di me.
Io, avrei potuto lottare per trattenerlo a me. Avrei potuto combattere contro di lei, per questo nostro noi per me così importante. Avrei avuto anche ragione nel farlo. In amore è tutto lecito, dicono. Non so se avrei vinto, ma almeno potevo tentare, ma non me la sono sentita di interpormi tra Stefano e lei. Lei merita di essere felice e anche Stefano. Insieme lo saranno.
E adesso io come farò senza di lui? Chi mi terrà la mano quando scenderà la sera? Chi darà un senso a questi miei giorni, che ora sono grigi e vuoti, mentre prima erano colorati e pieni di una felicità che a me sembrava perfetta?
Un’ultima lacrima e via da questa strada, dai ricordi. Via prima che cambi idea e che inizi ad affiorare in me il dubbio e il dolore.


Eppure, anche se questa scelta mi fa soffrire sento che in fondo è stata quella giusta. Stefano avrebbe scelto lei, anche se lo avessi costretto a fare una scelta tra noi due. Io avrei perso ugualmente. Probabilmente questa nostra storia d’amore, pur se a me rendeva felice, era comunque destinata a finire. Questi pensieri mi aiutano ad affrontare il dolore dell’oggi.
“Andiamo micino, ti porto a casa!” lo coccolo portandomelo a petto e sorridendogli con tutto l’amore che posso.
Il gattino mi si accoccola vicino e inizia a farmi le fusa con gratitudine.


Sono fiera di me stessa, ho amato così tanto Stefano da rinunciare a lui per la sua felicità. I giorni che mi aspettano da vivere mi appaiono meno neri e ostili, se inizio a pensare che posso costruirmi giorno per giorno un nuovo futuro per me, dove anche io potrò essere la donna che qualcuno sceglie di avere per compagna, con la quale voler immaginare giorni di gioia e amore.
Se trovo il modo giusto di superare questo momento difficile, il futuro s’appresterà veloce mentre l’oggi diventerà presto passato. Col tempo le ferite guariranno e io sarò più forte e quando mi volterò a guardare questo giorno lo vedrò già lontano. La mia scelta generosa che permetterà a Stefano e Mariangela di essere felici, illuminerà anche la mia vita e mi porterà certamente un amore più grande e pieno di quello che ho lasciato.
“Andrà così, davvero” mi incoraggio sicura e senza pensarci troppo sparisco insieme al gattino, il mio nuovo amico, capace di starmi vicino in questo momento in cui tutto mi brucia nel cuore.



(©Loriana Lucciarini)

[racconti brevi] - Una poltrona per... due - di Monica Coppola



Sembrava tutto perfetto.
Io e Claudia eravamo miracolosamente puntuali, l’Intercity era in orario, lo scompartimento completamente libero.
Potevamo pregustarci le due ore di treno che separavano Torino da Chiavari assaporando chiacchiere e incipit per prepararci al laboratorio di scrittura che ci attendeva a destinazione.
Tempo zero ed io avevo già conquistato il sedile accanto al finestrino ed ero pronta a scoprire perché la Signora Dalloway voleva occuparsi dei fiori.
Claudia, invece, era rimasta in piedi e, dall’alto del suo metro e settanta, esaminava titubante il polveroso appoggiatesta «Chissà quando l’hanno pulito l’ultima volta. Non è che ci prendiamo i pidocchi?»
«Spero proprio di no!» d’istinto avevo sollevato le mani sul caschetto ancora fresco di shampoo mattutino. «Appena arriviamo ci laviamo subito i capelli con l’aceto.»
«Ah sì, come no, idea geniale» aveva risposto Claudia con tagliente ironia «E magari il balsamo lo usiamo per condire la lattuga eh?». In effetti fare un’affermazione del genere davanti alla consorte di un hair stylist di tendenza non era proprio una grande pensata.
Per evitare di esprimere altre idee geniali, ma soprattutto per ignorare il fastidioso prurito psicosomatico che incedeva rapido sulla mia cute, abbandonai a malincuore l’incipit del romanzo a favore di un’immediata e doverosa ispezione parassitaria.
Stavamo esaminando una presenza alquanto circospetta zampettare sul logo FS quando un tarchiato ometto dalla fronte umida aprì lo scompartimento chiedendoci cortesemente se potevano accomodarsi: lui, l’adolescente figliolo nerd, e uno zaino-frigo paffuto come il proprietario.
Ovviamente il microorganismo non identificato colse l’attimo per mimetizzarsi al volo e sparire dalla nostra vista in attesa del momento più propizio per circumnavigare le nostre cuti e, possibilmente, farci uno scalpo con i controfiocchi.
Le stesse bellicose intenzioni erano condivise anche dal Giovane Nerd che smanettava come un ossesso sul suo tablet sminuzzando gli alieni come le verdurine per il soffritto.
Il suo affamato patriarca nel frattempo, infischiandosene beatamente dei conflitti intergalattici, dava inizio al suo sandwich brunch sbriciolando spensierato molliche e micro particelle di insaccati.
Poco male, almeno i parassiti avrebbero avuto un menu alternativo alle nostre folte chiome…
A quasi cinquanta minuti dalla partenza la formazione che il nostro vagone schierava era la seguente: ruoli di ala destra, posti lato finestrino, la sottoscritta che doveva ancora capire la questione dei fiori ma ora sapeva che la protagonista si chiamava Clarissa, e il dirimpettaio Nerd che, a colpi di polpastrelli infuocati scongiurava l’invasione del Pianeta Terra; nelle vesti di mediano la mia amica Claudia, che si deliziava con gli arancini delle pagine di Montalbano mentre, poco più avanti, l’affamato Sbriciolatore, rivestiva il ruolo di terzino fantasista estraendo dalla borsa frigo un pout pourri di polisaccaridi.
Il nostro improbabile team da viaggio sembrava aver trovato un buon equilibrio quando la porta si aprì di nuovo e, una tizia dagli zigomi spigolosi come le sue ginocchia, restò ad osservarci in silenzio per qualche istante nel suo griffato tailleur color dente di leone.
Più che osservarci in realtà ci stava scannerrizzando…
Qualche istante dopo, sbuffando vistosamente, estrasse due biglietti che sventolò bieca in direzione finestrino «Quelli sarebbero i miei posti…» Il suo indice laccato rouge noir ci puntava più minaccioso dei raggi laser che l’impavido Nerd diffondeva tra le galassie. «Posto quindici e posto sedici. Quelli vicino al finestrino, dove siete sedute voi…» puntualizzò Miss Spigolo.
Per evitare di spostare armi e bagagli, riposizionarli, e ritirarli giù in meno di mezz’ora avevo tentato un compromesso. «Non è che potrebbe accomodarsi nei posti liberi? Tra qualche fermata io e la mia amica scendiamo…»
Ma lei non aveva proferito parola. Era rimasta immobile, braccia appoggiate ai fianchi, mento e Wonderbra in fuori. Il suo non verbale dichiarava, in modo forte e chiaro, che non si sarebbe affatto mossa da lì…
Sembrava non esserci alternativa e così ci rimescolammo tutti come le carte di una partita a sette e mezzo predisponendoci come sua Altezza e Scortesia desiderava.
A quel punto un ghigno soddisfatto le aveva increspato le labbra «Ludovica adesso puoi entrare…» aveva ordinato con la stessa autorevolezza di un Top Manager. E così uno scricciolo di ragazzina con i capelli a spaghetto era filata dritta e muta ad occupare il primo dei famigerati posti accanto al finestrino.
Il giovane Nerd tutto ringalluzzito aveva sollevato lo sguardo dalle battaglie virtuali alla nuova arrivata e subito le aveva regalato uno sfavillante sorriso d’acciaio.
E anche la timida giovinetta dai lisci capelli aveva sentito uno strano volo di farfalle ed aveva risposto spontanea con lo stesso sorriso.
Ma era stata silurata dalla spigolosa genitrice giallo vestita e così, arrossendo fino alla punta del naso, si era trincerata dietro il suo minuscolo kindle, rimpiangendo lo spessore di un grande classico russo che di certo le avrebbe garantito più privacy.
Lo scompartimento adesso era sold out ma non fiatava una mosca: un silenzio gelido come i cubetti di spinaci assiderava l’atmosfera.
Miss Spigolo aveva sistemato sdegnosa i suoi bauletti LHVM e poi era misteriosamente svanita. Ovviamente senza che nessuno la rimpiangesse.
Tantomeno Ludovica che, resa più coraggiosa dalle vibrazioni del colpo di fulmine, stava tentando di scalfire il guscio della timidezza scambiando qualche parola con il Nerd. E proprio quando i semi del novello amore erano pronti a sbocciare l’idillio venne interrotto da un frastuono stridente: l’inquieta Miss Spigolo, purtroppo, era tornata.
Questa volta era alle prese con una valigia abnorme e gialla, che cercava di trascinare a tutti i costi, nonostante l’ossuta corporatura.
Io e Claudia ci scambiammo un rapido sguardo d’intesa: vista la sua estrema scortesia non avremmo mosso un dito per aiutarla. Così ci rituffammo nei capitoli dei rispettivi romanzi fingendo assoluta indifferenza, tacitamente sostenute anche dallo Sbriciolatore e dal Nerd dal cuore ormai infranto.
Nel frattempo Miss Spigolo ce la stava mettendo proprio tutta ma il bagaglio non si muoveva di un millimetro. Il controllore poco distante osservò la scena e ci raggiunse in tutta fretta.
Lei l’accolse con un subdolo sorriso di circostanza. «Oh finalmente qualcuno in grado di aiutarmi. Ehm, vorrei metterla lassù…» questa volta il suo artiglio aveva indicato lo striminzito portabagagli che sporgeva inquietante sopra le nostre teste.
Il bigliettaio però aveva scosso il capo deciso «No, è impossibile. Questo bagaglio è fuori misura signora…»
Il sorriso si era increspato sulle labbra contornate di matita. «No, no, si sbaglia! È assolutamente regolare!»
«Certo, per un Air force one, forse!» il controllore si era fatto un’allegra risata «Se vuole sistemare quella cosa deve trovarsi uno scompartimento libero. Qui non può stare.»
«Farò le mie rimostranze al vostro servizio clienti!»
«Faccia pure come le pare purché mi liberi il passaggio.» l’aveva zittita lui, per nulla intimorito.
«Ludovica! Alzati! Cambiamo carrozza!» Miss Spigolo livida in volto si era finalmente decisa a togliere il disturbo.
La ragazzina aveva incrociato lo sguardo implorante dell’adolescente che, stregato dal suo acerbo fascino, aveva compromesso il destino dell’umanità a vantaggio delle forze aliene .
«Ma mamma, ci siamo appena sistemate!» tentò di opporsi Ludovica.
Ma l’arida matriarca era irremovibile «Niente ma! Alzati immediatamente! Non voglio restare un istante in più!» La povera Ludovica a malincuore fu costretta ad obbedire e così lei, la sua appuntita madre, la coppia di bauletti Vuitton e l’abnorme valigia vagarono inquiete per i corridoi dell’intercity 551, durante un sabato novembrino, alla ricerca di una fissa dimora, mentre un giovane Nerd dal cuore frantumato ma impavido ricominciava a lottare per la salvezza del Pianeta.
©Monica Coppola






[ritratti] - Diario impossibile: scrive Andromaca - di Silvia Devitofrancesco




Notte. Un’altra notte. L’ennesima notte sola, senza te amore mio. Mi sembra così assurdo, così irreale… la verità è che non riesco ad accettare l’idea che tu, dolce Ettore, mi abbia lasciata.

La morte ti ha preso. La morte ti ha scelto come suo compagno per la vita eterna. La morte ti ha strappato con violenza al sole della vita. La morte ha condannato me, povera donna, ad una vita infelice. Signora morte prendi anche me.


Ettore, mio coraggioso Ettore, sei stato il mio punto fermo, la mia speranza, la mia forza… sei stato contemporaneamente mio fratello, mio marito e mio padre. L’amore per te mi ha cambiata, mi ha resa una donna migliore. Il tuo amore mi ha dato la possibilità di essere madre.


Tu, mia roccia, amavi tuo figlio. Sarà sempre viva nella mia mente l’ultima immagine di te padre. Tu, così tenero e affettuoso col nostro piccolo! Davanti a lui hai fatto cadere la tua maschera di guerriero e hai rivelato il tuo volto di padre. Momento che resterà indelebile anche nella mente di tutti coloro i quali leggeranno le nostre gesta nel poema “Iliade”. Ettore, mio sposo, sei un padre che non avrà mai la possibilità di vedere crescere suo figlio e un figlio che non avrà mai la possibilità di abbracciare suo padre, di confrontarsi con lui: un figlio condannato a “conoscere” suo padre attraverso i miei ricordi.


Il tuo dovere di guerriero ha avuto il sopravvento. Eri irremovibile. Combattere sempre e comunque. Combattere è un dovere, mentre amare è un piacere. Il dovere sempre prima del piacere. Con questa filosofia di vita hai affrontato la morte. Hai affrontato il terribile Achille in uno spaventoso duello. Ti sei arreso alla morte, hai teso le tue braccia verso di lei, ti sei lasciato uccidere da Achille, colui che non ha avuto compassione del tuo corpo e della tua memoria.


Non porto rancore. In me ho la forza del perdono. Non incolpo Elena, causa di tutti questi dolori, non prego affinché Achille lasci il mondo dei viventi, non desidero che le altre donne provino cosa significhi essere vedove. No, il rancore e la vendetta non sono per me, non sono di noi semplici comuni mortali. Il nostro è un destino di tacita accettazione. Tutto si compie per un motivo, anche se apparentemente tutto sembra così assurdo e noi non possiamo far altro che accettare, accettare, accettare…


Una notte nera e senza stelle proprio come quella che seguì il giorno della tua morte. Le stelle in cielo non brillano più, o almeno, non brilleranno più per la disperata e inconsolabile Andromaca.


©Silvia Devitofrancesco