mercoledì 31 dicembre 2014

Per un nuovo anno pieno di belle cose




Sta arrivando il futuro... 365 giorni da vivere con intesità, amore, coraggio, impegno, generosità, amicizia. 
Che sia un anno sereno e pieno di prospettive per tutti, 
perché ce lo meritiamo.
Un abbraccio e auguri a tutte le lettrici e i lettori di questo blog!

le 4writers
Arianna, Loiana, Monica, Silvia

martedì 30 dicembre 2014

BACIO SOTTO IL VISCHIO, di Silvia Devitofrancesco




“La neve scende dal cielo, la luce riscalda i nostri cuori, gli angeli cantano in coro, buon Natale a tutti voi!” Ecco, è arrivato il periodo dell'anno che detesto più di tutti, fatto di lucine, regali e finta gioia. Non consideratemi una cinica guastafeste ma io il Natale proprio non riesco a sopportarlo. Credo di essere affetta da allergia alla “festa più magica dell'anno” tanto per citare lo slogan pubblicitario della ditta di cosmetici fondata dal padre del mio ex promesso sposo Brad. Già, ahimè, ex... colui che proprio la sera della viglia di Natale di tre anni fa ha pensato bene di comunicarmi, cito sue testuali parole: “Sei una ragazza meravigliosa, Janet ma, attualmente, ho bisogno di stare da solo per capire cosa voglio davvero dalla vita.” Un bellissimo e memorabile regalo di Natale, molto meglio di un anello di Bulgari, non trovate?

Adesso mi ritrovo a essere single e sfigata alla veneranda età di trent'anni, circondata da amiche accasate con prole al seguito e ogni Natale sono costretta a sorbirmi le battute pseudo sarcastiche da parte di tutto il parentado riunitosi, considerata la grande occasione. Stringo i denti e sopporto, dopotutto a Natale bisogna essere più buoni, lo dicevano anche al catechismo.

Quest'anno sarà diverso. Trascorrerò una vigilia di Natale indimenticabile, a mia immagine e somiglianza. Sì, la trascorrerò chiusa in casa, con le tapparelle abbassate, sotto il piumone intenta a leggere un libro. Niente regali, niente baci, niente passeggiate tra le vie affollate di New York.

I miei pensieri sono interrotti dallo squillare del cellulare. Senza nemmeno guardare il nome che lampeggia sul display rispondo e la voce allegra della mia amica Susy mi rimbomba nelle orecchie: «Non prendere impegni! Questa sera grande party della vigilia di Natale a casa mia. Ti aspetto!» «Susy io...» provo a ribattere ma lei ha già concluso la conversazione. Il mio bel piano di Natale alternativo è andato a monte, merda!

L'elegante abitazione di Susy gode di una meravigliosa vista sull'immenso abete del Rockefeller Center. Non appena metto piede nell'appartamento vengo travolta, mio malgrado, dall'atmosfera natalizia. Tutto intorno è un tripudio di luci, colori e rami di vischio. «Janet, eccoti, vieni di là così ti presento gli ospiti!» Oddio mio vorrei scappare, qualcuno mi venga a salvare! Seguo Susy in versione elfa sexy e varco la porta del salone. Diversi volti si girano all'unisono nella mia direzione. Tutti indossano ridicoli costumi a tema tranne la sottoscritta. Tutti sorridono felici tranne me.

Nauseata, mi allontano e non mi accorgo di aver urtato contro qualcuno. «Sei sempre la solita sbadata!» La sua voce la riconoscerei tra mille. Non riesco ad alzare lo sguardo per sostenere il suo e, come se non bastasse, perdo l'equilibrio a causa dei tacchi vertiginosi. Risultato? Finisco per terra gambe all'aria e con la testa in direzione di un ramo di vischio. Cavolo, sono proprio una donna fortunata! Odo fragorose risate e, senza che me ne possa rendere conto, avverto le labbra di Brad sulle mie. In fretta mi rialzo e, senza nemmeno prendere il cappotto, scappo via. Cammino senza meta, cercando di ripararmi dal freddo stringendo forte le braccia al petto.

«Janet, aspetta!» mi volto e vedo Brad rincorrermi tenendo tra le mani il mio cappotto.

«Gentile da parte tua!» Cammino nella sua direzione fino a fermarmi davanti all'abete

«Bello, vero?»

«Odio il Natale» replico secca e continuo: «A causa tua!»

«E' acqua passata, ormai» Oddio quanto è bello vestito da Babbo Natale.

«Forse per te lo è!» Chissà se mi regalerà qualcosa questo fighissimo babbo Natale.

«Smettila!» Lo amo ancora

«Vattene via!» Resta qui, ti prego.

I nostri corpi si avvicinano e nuovamente le nostre labbra si sfiorano. «Qui non c'è il vischio» sussurro.

«E tu non sei caduta!» ribatte lui accarezzandomi dolcemente mentre tutt'intorno un folto gruppo di turisti italiani applaude approvando.
 
©Silvia Devitofrancesco

lunedì 22 dicembre 2014

BUONE FESTE!

BUON NATALE DALLE 4WRITERS!
Auguri di cuore a tutti i followers di questo blog!

Arianna, Loriana, Monica, Silvia

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Il blog riprenderà la pubblicazioni a gennaio 2015

martedì 9 dicembre 2014

[il mondo delle donne] - (s)CENE DA SUPERMARKET, di Monica Coppola

(S)CENE DA SUPERMARKET
l'immagine grafica è di Mary Di Mise

Potete essere indifferentemente in fibrillazione per una romantica cenetta, a caccia di frutta e verdura per un weekend salutista o assalite da una voglia spasmodica di insaccati. Qualunque sia il vostro caso, una tappa al supermarket sarà d’obbligo. E allora tenete gli occhi ben aperti perché forse potreste incontrare alcuni di loro…

Il Cavaliere Numerato

Due etti di prosciutto cotto. Devono essere assolutamente, indiscutibilmente, la vostra cena.
Se no la dieta zona sballa tutta e sono cavoli amari. Sono settimane che vi nutrite solo di vegetali ed oggi vi è concesso questo proteico strappo alla regola. Peccato che attorno al banco ci sia una gran ressa: sembra che gli estimatori degli insaccati abbiano avuto tutti la stessa idea nello stesso, preciso, momento.
Il numero del turno sul display sembra non cambiare mai e le affettatrici scorrono lente come il diabolico contatore. Ciliegina sulla torta il cliente di turno sta monopolizzando l’intero staff con domande specifiche relative al tipo di pistacchio inserito nella mortadella.
Quando già state per rinunciare una voce maschile dal tono amichevole vi coglie di sorpresa «E tu che numero hai?»
«Scusi?» domandate, colte di sorpresa dal nuovo arrivato .
«Il numero… del turno per gli affettati…» specifica con un sorriso amichevole che per un attimo vi distrae dalla condizione sciagurata in cui vi trovate.
«Ah! Sessantacinque…» dite, desolatamente riportate al presente.
«Io trentuno!» annuncia trionfante facendovi l’occhiolino.
Trentuno? Ma come è possibile ? Se è appena arrivato!
State per partire in quarta con gli accertamenti del caso quando ecco che arriva l’inaspettata proposta.
«Se vuoi te lo cedo volentieri…»
La proposta è alquanto allettante ma siete ancora timorose. Squadrate il tipo strambo per escludere che sia a) un maniaco sessuale con la passione per i polisaccaridi; b) un untore dedito alla diffusione di batteri letali sui bigliettini salta coda; c) un borseggiatore che tenta un diversivo per sfilarvi il portafoglio.
Ma la borsa è stretta sotto al braccio e almeno all’apparenza, il tipo non mostra tracce evidenti di agenti patogeni. Nel frattempo la coda annaspa, anche perché il cliente logorroico ora chiede specifiche sul differente grado di salatura tra Parma e San Daniele e se va avanti così si fa notte…
A questo punto prendete coraggio: «Davvero mi cederebbe il suo bigliettino?»
«Certo …» annuisce con un dolce sorriso stampato sulla faccia e tendendovi il numerino. «Ma diamoci pure del tu…»
Stringete forte il numeretto e, in quel momento, vi accorgete che oltre che gentile il tipo è pure carino.
Scambio veloce di sguardi e rossore sulle guance. La coda finalmente riprende a scorrere.
«Beh, grazie allora…» mormorate timidamente
«Figurati. Quando passo di qui ne prendo sempre un paio da omaggiare alle ragazze carine…» segue strizzatina d’occhio da navigato tombeur de femme e uscita teatrale ad effetto dissolvenza tra le corsie delle acque minerali iposodiche.
Vi rosicchiate un’unghia e osservate il suo profilo farsi lontano, oltre la barriera casse.
E vi sorge un dubbio: non è che la vostra smania di Parmacotto vi ha fatto sfuggire il principe azzurro sotto il naso?
Crucciate per questo triste pensiero vi voltate verso il display dove, però, vi attende un’altra amara sorpresa: il vostro turno è appena passato.
Tentate una timida protesta ma gli altri clienti vi inceneriscono inferociti e i salumieri sono incorruttibili.
Affrante vi dirigete con aria verso l’uscita: potete dire addio alla vostra cena, e anche all’affascinante Cavaliere Numerato.
Consiglio: Il Biscottino della Fortuna del Supermarket dice “Ritenta sarai più fortunata”, alias, Coltivate con determinazione la vostra passione per gli insaccati chissà che alla prossima coda l’affascinante cavaliere salva turno non compaia di nuovo.

L’Innamorato Miracolato

Mancano meno di cinquanta minuti alla vostra cenetta romantica.
Disgraziatamente avete carbonizzato l’arrosto e anche il contorno di patate è andato a farsi friggere.
Per questo vi siete catapultate al supermercato, veloci come saette, verso il reparto dei cibi pronti per tentare di recuperare qualche pietanza.
La fortuna vi sorride perché riuscite a trovare una confezione di lasagne precotte e un “Bon Roll” che potrà cuocere indisturbato mentre voi vi agghindate per benino.
Dovete solo sbrigarvi e fare in fretta. Molto in fretta. Il cavaliere di turno è un po’ pignolo sull’orario e farlo aspettare fuori da una casa vuota significherebbe mandare in pezzi mesi e mesi di silenti corteggiamenti. No, non ve lo potete proprio permettere.
Peccato che le casse siano prese d’assalto da clienti e carrelli oversize.
Poi, come uno zampillo d’acqua nel deserto, individuate la cassa veloce: max dieci pezzi.
Conteggio rapido dell’approvvigionamento last minute e sorriso felice: solo nove pezzi , è tutta vostra!
I componenti della cena scorrono ridenti sul nastro automatico e sono già ai confini del separatore di spesa quando tre dita tamburellano nervosamente sulla vostra spalla.
«Mi scu-si- si eh eh…» balbetta il tizio dietro di voi «No-n non è ch-e mi fa pass-passare?» l’implorante richiesta è colorita da una serie di tic nervosi composti da: palpebra strizzata, spostamento del capo a destra e rotazione del collo a sinistra.
Imbarazzate dai devastanti effetti dello stress manifestati da quell’uomo, per non procuragliene altri pazientemente riponete la spesa nel cestino e gli cedete posto.
Con una lentezza paragonabile solo alla velocità del suo eloquio, il tizio depone sul nastro la sua invidiabile spesa: caviale, aragosta, vino d’annata, anacardi, sottofiletto al pepe verde, cioccolata fondente aromatizzata al peperoncino, un mazzo di rose.
Però… che abbia un appuntamento romantico anche lui? Forse il poveretto finalmente incontrerà la sua anima gemella. Che lo amerà con dolcezza nonostante quei tic.
Mentre la vostra mente fantastica su ipotetici happy end, finalmente la transazione si avvia verso il suo costoso epilogo.
«Sono centodieci euro e settanta…» annuncia con aria distratta la cassiera.
Il tipo si tasta convulsamente la giacca e le tasche «Ho-ho dimenti-cat il portafo-fo gli-o…» balbetta malamente. La forte situazione di imbarazzo accresce a dismisura i suoi tic nervosi che colgono la palla al balzo per deturparlo: occhio- testa- collo e viceversa.
No, non si può guardare.
Vi intenerite pensando che senza i pregiati manicaretti le possibilità di conquista del poveretto sono molto vicine ad un numero decimale preceduto dallo zero.
«Guardi pago io per il signore…» e guidate dallo spirito della romantica samaritana, saldate l’esorbitante conto.
Ed ecco che, non appena le vivande prelibate finiscono nel sacchetto il tartagliatore è talmente felice che il suo viso appare disteso e rilassato. Niente più occhio-testa- collo: le contratture muscolari sono sparite! Ora zompetta tutto baldanzoso verso il bar, seguito da una bionda ossigenata che indossa vistosi stivaletti pitonati.
Ordina un calice di Chardonnay e con un sorriso soddisfatto brinda alla vostra salute. E alla sua spesa gratis.
Vi soffia un bacio di ringraziamento e svanisce con Miss Platino avvinghiata al suo braccio.
Consiglio: la prossima volta che la romantica samaritana che alberga in voi si fa viva, sopprimetela con una mazza da golf. O con qualunque altro oggetto contundente adatto all’uopo. Ripetete l’azione con chiunque tenti di passarvi davanti alla cassa.


L’acchiappaverdure

Compare di soppiatto alle vostre spalle mentre siete impegnate a scegliere quel che rimane delle verdure di stagione, a pochi minuti dalla chiusura del supermarket.
Le sue mani, leste e veloci come termiti, arraffano le primizie migliori lasciandovi a bocca asciutta e con il sacchetto tristemente vuoto.
Stessa scena al reparto della frutta dove, con la destrezza di un giocoliere, si porta via i mandaranci più paffuti lasciando alla vostra mercé solo quelli asfittici e pieni di semi.
Poi guarda i vostri sacchetti trasparenti dove annaspano solo due minuscoli mandarini ed una manciata di zucchine mollicce . Alla vostra espressione perplessa risponde con un sorriso malizioso, sventolando le pregiate primizie sotto al naso «Oh scusa..volevi mica queste?»
Consiglio: smorzate il suo sorriso beffardo percuotendolo ripetutamente con un mazzo di carciofi o altra verdura contundente di stagione. E riappropriatevi delle primizie ingiustamente sottratte. Poi correte alla cassa, velocemente. Prima che il security man faccia lo stesso con voi…

©Monica Coppola
la grafica dell'immagine del racconto è di ©Mary di Mise

giovedì 4 dicembre 2014

[poesie] - Mare infinito (di Silvia Devitofrancesco)




Mare infinito 
Lo senti? 
Cosa? 
Il mare. La nostra fonte e la nostra vita. 
Senza esso non vivrei. 
Mi ispira
Mi anima. 
Mi capisce. 
È vita. 
È amore. 
È speranza. 
È ispirazione. 
Tutto questo in un solo elemento? 
Questo e anche più...

©Silvia Devitofrancesco

lunedì 1 dicembre 2014

[racconti brevi] - Questione di peso (di Arianna Berna)



Questione di peso

La gioia che prova Eva nel leggere quel numeretto che lampeggia ad intermittenza sulla bilancia non ha fine: cinquantasei chilogrammi tondi tondi, non un etto di più. Perdere tutto quel peso è stato difficile, anzi una fatica boia come dice lei stessa, però che soddisfazione arrivare a vedere quel bel numeretto che pareva scomparso dalla bilancia.

Eva è una giovane donna di ventitré anni, alta un metro e settantacinque centimetri che non si è mai piaciuta davvero. Quando ha iniziato la dieta fai da tè lo scorso aprile di chilogrammi ne pesava settantatre. Era una donna formosa e appariscente, una di quelle donne che gli uomini guardano, ma che non si è mai accorta di piacere. Non vedeva i ragazzi che si giravano al suo passaggio, non si è accorta nemmeno quella volta che un uomo ha fatto cadere a terra una confezione da dodici di uova nel bel mezzo del supermercato, tanto era rimasto folgorato dalla sua bellezza. Non lo aveva notato perché era troppo impegnata a cercare nello scaffale del bio i prodotti con meno calorie.

Da aprile però si è messa in testa di dimagrire, non è andata da un medico, perché costava troppo, ha ritagliato la dieta all’ananas di un giornaletto da donne e l’ha appiccicata all’anta dell’armadio, promettendosi che per l’estate avrebbe perso quanto le serviva per essere perfetta in costume da bagno. La dieta dell’ananas però è stata da subito un flop, quindi è corsa ai ripari e si è messa d’impegno per crearsi il proprio regime alimentare. Ha messo regole ferree a casa anche se vive con i genitori, ha iniziato a fare la spesa separata e a cucinarsi i pasti da sola.
Ogni santa sera dopo il lavoro va al supermercato a leggere tutti, ma proprio tutti, i dettagli riportati nelle confezioni dei prodotti dietetici. Compara i rapporti calorici, le quantità di grassi, le vitamine e quant'altro le venga in mente. Ormai nessun prodotto sullo scaffale ha più misteri per lei e ogni giorno esce soddisfatta con una busta di verdure o gallette di riso integrali. Il pane e la pasta sono stati banditi dalla sua alimentazione, insieme alla carne, una volta a settimana però si concede una fettina di platessa.

Eva adesso è scesa dalla bilancia e si osserva allo specchio in mutande. Sorride compiaciuta mentre si passa le dita sul costato. Finalmente riesce a sentire distintamente ogni singola costola, finalmente non sono più avvolte da tutta quella ciccia e si sente bella come una top model. Bene, anche la clavicola è in evidenza. 
Se ripensa ai sacrifici le viene un brivido lungo la schiena, quanta fame ha dovuto patire, anche la scorsa notte, dopo aver cenato con un tristissimo passato di verdure e gallette di riso, aveva cercato di placare i crampi allo stomaco con una tisana rilassante alla malva, però quando era andata a letto, si era addormentata sorridente, pensando che al risveglio le sarebbe spettata una tazza di latte con 25 grammi di cereali integrali. Già, esattamente 25 grammi pesati sul bilanciano, non uno di più, non uno di meno. 
Il cibo è l'ossessione di Eva praticamente da sempre, ossia da quando ha ricordi dell'età pseudo adulta. La bilancia diventa a seconda dei momenti la sua migliore amica o peggior nemica. E' odio e amore. Eva si pesa in continuazione da anni, appena torna a casa, quasi nemmeno saluta i suoi per fiondarsi a far pipì e a pesarsi, non dopo aver fatto volare i vestiti però. 
Negli ultimi mesi quest'ossessione è degenerata ed Eva nemmeno se ne è accorta, anche se lei è convinta di farsi del bene.
Voleva calare cinque chilogrammi, ma una volta arrivata alla meta, non le era bastato, voleva vedere come sarebbe stata con altri tre chilogrammi di meno, poi visto che c'era ne ha tolti altri cinque e poi altri due e poi ha perso il conto fino ad arrivare a perdere quasi diciassette chilogrammi in tre mesi.
Anche se ha raggiunto gli obiettivi che si era fissata, mentre si guarda allo specchio, non si sente soddisfatta. Passare da una taglia 48 a una taglia 38 in così poco tempo le ha fatto girare la testa, il sogno di una vita si è finalmente realizzato, ma non è abbastanza, vuole osare ancora. Un altro chiletto ancora, si ripete fra sé, ingorda di aver fame, mai contenta.
Mentre è in piena contemplazione di sé stessa, entra in bagno la madre di Eva, che dallo stupore fa rovinare a terra la carta igienica appena comprata.
Gli occhi della madre però non sono di approvazione, ma svelano un dolore profondo. Si velano di lacrime, mentre si chiede come ha potuto non accorgersi di nulla, come ha potuto non vedere il corpo della figlia che si svuotava giorno dopo giorno.
Eva però non capisce il disappunto della madre, ma il sesto senso le suggerisce rivestirsi in fretta, prima di entrare in discorsi scomodi che non vuole ascoltare. Così prima che la madre possa aprire bocca è già sgattaiolata in camera, si è vestita con un abito che le sta da cani, perché di cinque taglie più grande ed esce dicendole a voce alta di non aspettarla per cena, perché tanto mangerà fuori.
Mentre dice queste parole chiude il portone di casa alle sue spalle, sapendo di aver mentito perché manca ancora un chiletto, solo uno, domani potrà mangiare... forse.


©Arianna Berna
 



martedì 25 novembre 2014

[eventi] - 25 novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne

25 novembre: un'ora di silenzio in tutto il mondo a supporto della violenza sulle donne
 
 
 
Partecipate in tanti! 
 
Questa pagina facebook e il blog di "4writers.4blog" aderisce: quindi oggi, dalle 20 alle 21 ci asterremo da pubblicare post per realizzare questo silenzio mondiale in contemporanea.... 
 
 

lunedì 3 novembre 2014

[racconti brevi] - Cose dell'altro mondo! (di Monica Coppola)



Le sette e quindici, annunciate da una mitragliata molesta di bip digitali.
Le dita di Chiara riemergono pigre dalla trapunta, risalgono il cuscino e atterrano decise sul pulsante infernale, nel tentativo di far tacere la sveglia.
Almeno fino alle sette e venticinque, quando le toccherà sciacquare via i sogni, bere al volo un caffè, indossare una maschera di cortesia e correre spedita al centro commerciale, in quel covo selvaggio di lamentele, che tutti si ostinano a chiamare “Box informazioni”.
Infila la divisa anonima e noiosa, camicia beige in polipropilene e longuette blu che le stringe troppo i fianchi, raccoglie i capelli attorno ad un fermaglio “made in china”, agguanta la borsa e pigia decisa il pulsante dell’ascensore.
Il piccolo ovale di plastica però non dà segni di vita. Aggrotta le sopracciglia, arriccia il naso, fa una linguaccia ma niente… l’ascensore non arriva.
Sette e quaranta. Chiara osserva l’incedere incalzante delle lancette colorate sul quadrante dello Swatch, maledice quel condominio in cui non funziona mai niente, mette il broncio e si rassegna a fare sei piani a piedi.
Quinto piano. Ci abitano quegli spigolosi e spocchiosi dei Santini, che lei ha soprannominato i Bizochi. Santificano ogni festa comandata, sono in prima fila alle processioni patronali, e di sicuro non mangiano le bistecche il venerdì ma, non appena lei accende la Wii, ecco che si precipitano a suonarle il campanello e in modo ben poco religioso, la invitano ad interrompere il suo unico momento fitness della giornata. È solo colpa loro se poi la gonna le stringe sui fianchi. Chiara non li sopporta, anche perché, a dimostrazione della loro assoluta tolleranza verso il prossimo, sotto lo spioncino hanno attaccato un adesivo rettangolare fosforescente con la scritta:“Per i testimoni di Geova: non bussate siamo cattolici”.
Ed è stato subito chiaro che si trattasse di un messaggio rivolto alla povera Signora Rosetta che dal quarto piano ogni domenica mattina saliva in su e in giù, gradino dopo gradino, per consegnare ad ogni inquilino un vassoio di strufoli al forno e un opuscoletto sulla fine del mondo, infischiandosene degli adesivi intimidatori.
Sembrava un’inossidabile predicatrice e invece la scorsa settimana si è accasciata alla fermata Metro del Lingotto mentre distribuiva tirature illimitate di giornaletti con la scritta “Svegliatevi!” a sonnolenti e sbadiglianti pendolari.
E ora Chiara osserva la sua dieffenbachia tutta spelacchiata e con le foglie all’ingiù, e pensa che la poveretta avrebbe bisogno di sangue come la sua pianta di acqua, ma la questione è molto delicata e se non si sbroglia in fretta c’è il rischio che appassiscano entrambe…
Due file di gradini ed eccola sbucare al terzo piano: quello della superfamiglia Poffi.
Madre, padre e quattro figli, in età scolare assortita e un beagle che sonnecchia perennemente sul loro zerbino. Ogni volta che li incontra Chiara pensa che sono la famiglia perfetta.
Intanto perché Supermamma e Superpapà si tengono perennemente per mano, si chiamano sempre “amò” e hanno salvato sui reciproci Smartphone lo stesso tenero nomignolo. E poi, dettaglio non trascurabile, possiedono la collezione aggiornatissima di tutti i dvd della Wii che le prestano sempre con gentilezza, anche perché costano un botto e lei, con la miseria che prende come addetta box informazioni, col cavolo che se li potrebbe permettere.
Da qualche giorno incontra spesso la Supermamma in ascensore, sorridente e rilassata, forse perché marito e prole sono al campo avventura delle Giovani Marmotte e lei tira un po’ il fiato povera donna…
Mentre dal terzo piano scende al secondo, imprecando per le decolleté con la punta stretta che l’ignobile Direttore ha imposto tassativamente nel dress code, si accorge del perché l’ascensore non ha risposto al suo richiamo. La cabina sembra bloccata.
«Tutto bene? C’è qualcuno?» chiede bussando alla porta che si intravede per metà, senza ottenere nessuna risposta.
Chiara prosegue la discesa attraversando a razzo il secondo piano per non finire tra le grinfie dell’ex colonnello Giulio Tolmini, un gagliardo ottantenne che, tutte le volte che la incrocia, la aggiorna con dovizia di particolari sui suoi ultimi check up clinici, maledice i ticket sanitari, che ormai hanno costi iperbolici, e conclude sempre invitandola a mangiare i tortellini in brodo col dado del giorno prima, perché oltre ad essere ipocondriaco è pure tirchio.
Sette e cinquanta. Saltando i gradini quasi in coppia Chiara atterra al primo piano e quasi inciampa sullo zerbino lustro lustro della Signora Precisetti il cui uscio socchiuso diffonde già un profumo di ragù e il frastuono dell’aspirapolvere passata a manetta. Come sempre non si accorge di niente, perché è troppo indaffarata tra acari e soffritti.
Finalmente Chiara arriva al pian terreno dove la coppia di custodi storici, Renzo e Maria, si aggira con aria concitata attorno all’ascensore.
La Signora Maria trotterella avanti e indietro, farfuglia frasi a metà e, ogni tre passi, strattona il povero Renzo che a sua volta cerca di comunicare sia con l’inquilino X chiuso nella cabina dell’ascensore, sia con il clone furioso di Superpapà, alias signor Poffi, di solito mansueto come il loro beagle ma che oggi continua a sbattere i pugni contro l’ascensore, paonazzo e collerico.
«Che succede?» domanda Chiara all’inquieta Signora Maria. Lei sospira, si trincera nell’usuale riservatezza da portinaia e poi alza gli occhi al cielo, ripetutamente, senza proferire una parola.
Chiara vorrebbe saperne di più ma sono già le sette e cinquanta e deve correre all’ipermercato. Se ritarda anche solo di un minuto quel viscido del Direttore le scala un quarto d’ora.
Si lascia le disavventure del condominio alle spalle, accelera il passo, rimaledice le scarpe che ora le hanno fatto spuntare una vescica sull’alluce, raggiunge trafelata il centro commerciale e striscia il badge alle otto in punto.
«Fai con calma Chiara, oggi si fa festa.» l’accoglie la collega tutta pimpante.
«Che succede?» domanda per la seconda volta nella mattina.
«Succede che hanno silurato quello stronzo del Direttore» puntualizza l’altra con allegra soddisfazione, impilando i dépliant con le offerte del giorno.
«Davvero? E come mai?»
«Pensa che l’hanno beccato mentre trafugava dvd della Wii! Che figura!» continua ridacchiando e ritirando una scheda completa di bollini.
«I dvd della Wii? Ma… che se ne faceva?»
«Eh… li regalava alla sua amante. Una tipa con un sacco di figli che abita dalle tue parti…», si intromette una collega più anziana consegnando al cliente della scheda un tris di padelle antiaderenti, «Sembra se la spassassero in ascensore… cose dell’altro mondo!»

(©Monica Coppola)





[ritratti] - Rea Silvia (di Silvia Devitofrancesco)


Diario impossibile: scrive Rea Silvia

Quanta polvere cade su di me. Non riesco più a respirare, mi sento oppressa e la luce, pian piano, diventa sempre più lontana. Sto andando incontro alla morte, la sto abbracciando come una mamma abbraccia il suo bambino e le sto correndo incontro come una figlia corre dalla sua mamma. È orribile guardare la morte. Diventi pienamente cosciente che hai le ore, i minuti e i secondi contati, non puoi fare niente, sei inerme. Mi stanno seppellendo viva perché è questa la pena che devo scontare per la mia colpa. Quale colpa? L’aver amato! Una vestale non può amare; una vestale deve conservarsi vergine; una vestale non può essere come tutte le altre donne. Non l’ho scelto io questo destino credule, mi è stato imposto e io ho deciso di ribellarmi a modo mio.

Un giorno il dio Marte si invaghì di me. Ero riuscita a sedurre un dio, mica cosa da niente! Decisi di amarlo, ma il destino aveva deciso di rendere tutto più complicato, tutto troppo complicato…

Rimasi incinta e non potetti fingere che nulla fosse accaduto. Diedi alla luce due meravigliosi bambini…già erano gemelli. Loro però sono vivi:affidati alle cure amorevoli del Tevere e abbandonati al loro destino, che spero sia di gloria.

Non è giusto che l’amore debba essere punito. A mio modo il dio Marte l’ho amato. Lui mi ha sedotta e io, che non avevo mai conosciuto intimamente un uomo, mi sono abbandonata totalmente a lui, sperimentando sensazioni ed emozioni che non conoscevo. Mani che si intrecciano, corpi che, pian piano, si rivelano e si scoprono, occhi che si guardano, dritti, taglienti, occhi che vorrebbero pronunciare mille parole diverse, ma, che, si arrendono al momento, alla situazione… bocche che hanno desiderio di sfamarsi, che non riescono a staccarsi e poi… il miracolo della vita! Un evento straordinario che ti cambia e che, nel mio caso, cambierà per sempre il corso della storia umana. Quanto a me, devo solamente accettare la mia condanna, non posso opporre resistenza. Ho sbagliato ed è giusto che io paghi. Il prezzo che sto pagando è con la mia vita.

Eccomi, morte, sono tua sorella, sono qui, prendimi. Anzi, prendimi subito, non resisto più con tutta questa polvere. Ormai è in me, è entrata nei miei polmoni, in ogni piccola cellula di me. Siamo nati dalla polvere e alla polvere ritorneremo, ecco io lo sto sperimentando direttamente, nel vero senso della parola.

Lo spiraglio di luce che intravedevo e che mi dava ancora un briciolo di speranza e di illusione di vita, non c’è più. Ora è tutto nero e il peso della polvere aumenta sempre più.

Rea Silvia se ne va e lascia il suo ricordo al mondo e nei libri di storia. Grazie a me, al mio amore e al mio sacrificio ha origine la splendida civiltà di Roma. Rendetemi grazie…


(©Silvia Devitofrancesco)

[poesie] - Mattino di una giornata qualunque (di Arianna Berna)




Mattino di una giornata qualunque


Suona la sveglia,

uno, due e tre volte,

il silenzio finalmente rimbomba nell'aria.

Dovrei alzarmi, ma non lo faccio,

oggi resto a letto,

oggi, è il primo giorno che dedico a me. 


(©Arianna Berna)

venerdì 3 ottobre 2014

[racconti brevi] - Ritorno a Bari, di Silvia Devitofrancesco



RITORNO A BARI

Certe storie d’amore sono destinate a durare per sempre. Mai come oggi posso considerare questa massima vera. Esco dalla stazione di “Bari centrale” stringendo forte il manico del mio trolley e attraverso, in direzione della fontana, confondendomi tra miriadi di visi. Uomini, donne, bambini e universitari, tutti guardano l’orologio e alzano il passo. Qualcuno più attendo (o più calmo!) mi riconosce. Mi ferma. Mi ringrazia per aver scritto un libro che parla di vita vera, ambientato proprio a Bari e non in una grande città americana. Un libro semplice che riporta la voce di gente semplice. Quella gente che ogni mattina si reca a lavoro, che non si preoccupa di essere sempre impeccabile e alla moda, che non usa tante parole. Sì proprio quella gente è la protagonista del mio libro. Ringrazio con un enorme sorriso e con tante parole di autentica soddisfazione e proseguo.
Ho lasciato la mia città a malincuore, ma la vita, talora, è così imprevedibile. Vivo lontano e ogni giorno la rimpiango. Rimpiango il sole, il mare, il cibo e il folkore. 
Percorro via Sparano, attraverso piazza Umberto costeggiando il palazzo dell’Ateneo e poi proseguo verso corso Cavour. Lo stesso giro che compivo da ragazzina. Una tradizione che si rinnova a ogni passo.
«Perché sei tornata?» vi chiederete. Ecco, sono tornata perché... A dir la verità non c’è un perché. Anzi forse sì, per nostalgia. Avevo bisogno di camminare su queste strade, di sentire questo caldo umido e di specchiarmi nella mia infanzia.
Proseguo a passo sostenuto verso il lungomare. Lascio che il vento di scirocco mi scompigli i capelli e che i ricordi riaffiorino. Manco da Bari da un anno circa eppure non è cambiato nulla. Solo il vecchio “Boscolo hotel” è diventato “Nuovo hotel delle nazioni”, ma per il resto la sua essenza è la stessa. Mi fermo sullo spiazzo della “rotonda” che si snoda proprio dinanzi all’hotel. Mi siedo su una panchina e osservo il mare. Una distesa infinita di acqua che si confonde col cielo. A Bari tradizione vuole che la stagione balneare inizi a maggio e termini a ottobre e, difatti, scorgo alcuni ragazzi intenti a sguazzare liberi. Li invidio. Invidio la loro spensieratezza e la loro voglia di buttarsi, di infischiarsene, di essere se stessi.
Stringo forte, attraverso il tessuto della borsa, una copia del mio ultimo libro. Un dono per una persona speciale. Devo solo trovare il coraggio. Maledetto coraggio dove sei?
Una folata di vento procura un rapido moto ondoso. Ora posso sentire il mare infrangersi contro gli scogli. Ricordi.
Estate 2009
Lo conobbi tra i corridoi del prestigioso liceo “Flacco”. Lui bello e gentile era uno dei pezzi più ambiti e di certo io non avrei mai potuto immaginare che egli guardasse proprio me. Non volevo ammetterlo eppure era così. Quando hai appena diciassette anni non conosci vergogna. Non temi il rifiuto, perché sai che hai dalla tua parte l’incoscienza. Se ciò dovesse accadere, ti farai una grande risata con la tua compagna di banco. Mi convinsi a rivolgergli attenzioni e ad uscirci. Tutto accadde qui, proprio su una panchina come questa posizionata in questo spicchio d’asfalto, sotto un sole cocente. Poi la vita ci separò. Io cercavo l’irraggiungibile ed egli era stanco di farmi capire che bisogna sapersi accontentare. Fu questa la causa ufficiale del nostro allontanamento. Quella non ufficiale fu che ormai ci conoscevano troppo ed erano troppo diversi, troppo giovani, insomma troppo tutto.
Egli è il protagonista del mio ultimo romanzo.
Guardo il mare e in fondo il palazzo della provincia. Afferro il cellulare e apro facebook. “Troverai il libro laddove tutto iniziò e laddove tutto finì.”
Rapida, senza aspettare risposta, riafferro il mio trolley e mi dirigo spedita in direzione del castello svevo.
Mi è particolarmente difficile non perdere l’equilibrio sulle chianche, ma riesco ad arrivare sana e salva dinanzi al muretto del fossato, quel muretto dove innamorati e gruppi di persone si siedono nelle sere d’estate. Quel muretto sul quale ci sedemmo per darci il nostro primo bacio. Quel muretto sul quale ci sedemmo per dirci addio.
Sfilo la copia del libro e la poggio, come se qualcuno l’avesse dimenticato. Attraverso rapida e mi nascondo in una gelateria dalla quale posso vedere senza essere vista.
Non arriva nessuno. Il libro rimane lì a sfogliarsi spinto dal vento di scirocco. Ci sono amori che non sono destinati a essere eterni. Bisogna farsene una ragione e andare avanti per crescere, per sperimentare, per creare.
Mi alzo dal tavolino, lascio il libro su quel muretto in attesa che qualcuno se lo prenda e mi incammino tra i vicoli della città vecchia. Una tappa al panificio Fiore, un chilo di orecchiette acquistate da un’arzilla signora ferma sull’uscio di casa che mi guarda con aria simpatica e alla quale vorrei confidare le mie pene. Un nuovo giro in centro, tra palazzo Mincuzzi e via Putignani. In sottofondo la canzone del mare. Sempre nelle mie orecchie. Ritmo naturale ed eterno.
La sera fa capolino. Mi dirigo verso casa. Quella casetta piccola piccola su via Manzoni, ormai deserta. Quella casa che mi ha vista divenire una donna e scrivere le mie prime parole.  Mi aspetta mamma con la telia di pasta al forno e tanta voglia di abbracciarmi, per dirmi: « Figlia mia e mangia di più, che sei bella lo stesso anche con qualche chilo in più!»
Ecco perché amo la Puglia. Non c’è alcuna regione o posto del mondo in cui mi senta davvero a casa. La Puglia è luci, suoni e colori. E’ semplicità e lietezza. È avere i problemi e non sentirli, sorridere, perché c’è sempre una via d’uscita. Ecco perché non voglio lasciare la Puglia, perché qui riesco a sentirmi davvero me. Autenticamente me.
©Silvia Devitofrancesco

giovedì 2 ottobre 2014

[il mondo delle donne] - Perduto tra le pieghe della storia (di Loriana Lucciarini)



Quando mi sono accorta che non era più accanto a me ho voltato lo sguardo attorno attorno, nella ricerca distratta tra l'ombra delle cose.

Ho atteso, convinta di vederlo arrivare appena dietro me, appena oltre quella curva o apparire oltre la collina, subito, o subito dopo.

Poi, però, sono andata avanti, nel caso non avesse atteso me, i miei smarrimenti, i miei attimi di solitudine.

Infine, preoccupata, ho iniziato a cercare, con furia e dispetto, tra gli angoli della casa, tra armadi, cassetti, vecchie valigie e tra gli strati degli anni, ma il nostro amore non c'era, non c'era più.

Perduto chissà quando, svanito tra il cielo dei sogni e i sassi della vita. Il nostro amore non c'era più, eppure l'ho cercato ancora, l'ho aspettato ancora, l'ho amato e perdonato, ancora; fino a quando ho capito che non sarebbe tornato ad illuminare la nostra storia. Allora, piangendo, a pugni chiusi, gli ho detto addio.

Il nostro amore si è arenato tra le pieghe della storia, per non far più ritorno, perduto per sempre.

©Loriana Lucciarini

mercoledì 1 ottobre 2014

[ritratti] - Marilyn Monroe (di Arianna Berna)





Mi chiamo Norma, Norma Jeane Mortenson, sono nata il 1 giugno del 1926, ma voi mi conoscete come Marilyn Monroe.

La mia vita è stata un continuo di alti e bassi.

Non parliamo dell’infanzia, una tragedia! Figlia di una madre psicologicamente instabile, ho trascorso gran parte della fanciullezza in case-famiglia, su cui preferisco stendere un velo pietoso, meglio non ricordare le violenze e le umiliazioni subite.

Mi sono sposata giovanissima, a sedici anni sono stata ingabbiata in un matrimonio di comodo, sponsorizzato dalla mia tutrice. Le scarpe di moglie mi stavano strette, ma ho fatto del mio meglio per immedesimarmi in quel ruolo, ho fatto la brava casalinga, come era richiesto alla mia epoca.

Quando mio marito si è arruolato nella marina mercantile sono rimasta di nuovo sola ed avevo bisogno di danaro oltre che di compagnia, così ho trovato un posto di lavoro come operaia, insieme a tante mie coetanee. Prima impacchettavo i paracadute, poi mi hanno destinato alla verniciatura delle fusoliere degli aeroplani ed è stato lì che ho incontrato il mio destino.

Ricordo come ieri il giorno in cui tutto ebbe inizio, il 26 giugno 1945.

Il fotografo David Conover è venuto allo stabilimento per fotografare le "ragazze che tenessero su il morale delle truppe al fronte" per un servizio per la rivista Yank. Sono stata scelta insieme alle mie colleghe più carine, ma, fra tutte, David non aveva occhi che per me. Gli sono piaciuta talmente tanto che mi ha esortato a intraprendere la carriera da modella.

Le foto per i militari mi hanno incoronato “Miss lanciafiamme”, ma, nel giro di poco tempo, le ho pagate con il divorzio.

Foto dopo foto mi allontanavo dalla povertà e dall’anonimato per arrivare fino dove tutti sapete, fino a dove mi sono persa, fra il lusso, le tentazioni e la disperazione che solo la solitudine interiore può creare.

Sono stata la donna più ammirata del mondo intero, ma ero così triste. Gli uomini che ho amato cercavano la dea, la diva e il sex siymbol, e non la donna e l’anima. Nessuno voleva Norma, tutti volevano solo Merilyn.

Se solo mi fossi fermata un passo prima, se solo mi fossi voluta un po’ più bene.

Sarebbe stato interessante vedere la vita con gli occhi dell’età, ma la vita è la vita e gli errori si pagano, e quanto il conto arriva si salda senza sconti.

©Arianna Berna

***


Alcune delle frasi più celebri di Marilyn


“La notte mi vesto di Chanel numero 5.”


“Vorrei essere felice. Ma chi lo è? Chi è felice?”


“Tutti veniamo alla luce con la nostra sessualità, grazie a Dio, ma è un peccato che così tanta gente disprezzi e soffochi questo dono naturale. L'arte, la vera arte, viene da lì, come ogni cosa.”


“La gente non mi vede! Vede solo i suoi pensieri più reconditi e li sublima attraverso di me, presumendo che io ne sia l'incarnazione.”


“Una volta celebri, sapete, potete leggere cose sul vostro conto, le idee di qualcun altro su di voi; ma ciò che conta - per sopravvivere, per affrontare giorno per giorno ciò che vi capita - è quel che pensate voi di voi stessi.”


“Non desidero niente altro. Uomini, denaro, amore, ma solo il talento per recitare.”


“Sentivo la mia mancanza di talento come se internamente indossassi abiti da quattro soldi. Ma, mio Dio, quanto volevo imparare, migliorare.”


“Quando ero piccola, nessuno mi diceva mai che ero carina; bisognerebbe dirlo a tutte le ragazzine, anche se non lo sono.”


“Il sesso fa parte della natura, e io seguo la natura.”


[Hollywood è] un posto dove ti pagano mille dollari per un bacio e cinquanta centesimi per la tua anima.”



mercoledì 17 settembre 2014

Contro il femminicidio: le 4writers aderiscono all'iniziativa in rete!





LE 4 WRITERS HANNO ADERITO
ADERITE ANCHE VOI!
 
Non importa quante persone a quell'ora faranno rumore.
E' importante QUALI persone quel giorno, daranno vita ad un fragile, mondiale e toccante silenzio.

Un'ora di silenzio su facebook. In tutto il mondo, nello stesso mOMento
25 novembre 2014
Giornata Internazionale per l'Eliminazione della violenza contro le Donne

domenica 7 settembre 2014

[ritratti] - Tipe da Spiaggia... (di Monica Coppola)

Tipe da Spiaggia: piccole indicazioni per riconoscere le vostre vicine di ombrellone
(e non ricontrarle in città…)
Siete appena rientrati dalle vacanze e vorreste già ripartire?
Vi capita spesso di accostare all’orecchio oggetti nella speranza di sentire il mare?
Girovagate per le strade di città con le ciabattine da mare senza nemmeno accorgervene?
Tranquilli, sono i postumi del rientro.
Ma se avete nostalgia delle vostre favolose amicizie sbocciate sotto l’ombrellone bè sappiate che non sempre è tutto così idilliaco…
Soprattutto se, nel lettino accanto al vostro, si sistemano comode comode le Tipe da Spiaggia come quelle che ho incontrato io…

1) La Wi-fi Woman
È facile da individuare perché difficilmente vi guarderà negli occhi o si accorgerà di voi.
Potrebbe risorgere un’intera colonia di arabe fenici direttamente ai piedi del suo lettino (strategicamente munito di mensola per tablet e vano a scomparsa per smartphone), verificarsi un’improvvisa eclissi solare e le acque potrebbero riempirsi di cavallucci marini danzanti, ma lei resterebbe impassibile, pupille fisse e polpastrelli rotanti sullo schermo.
Che si trovi nell’atollo di Malè o a Bergeggi poco le importa: quello che le sta a cuore è la presenza di un servizio wi-fi e di almeno tre “tacche” di campo. Tutto il resto non la turba affatto. Potrete far scavare il clone del traforo del Fréjus ai vostri pargoli tutto intorno al suo ombrellone, inondarla con cascate di sabbia o briciole di pane e nutella, senza provocare alcuna rissa. Occhio ai gavettoni però: se malauguratamente le annegate lo smartphone potrebbe perdere il suo self control, ridurvi in polpettine svedesi e poi postarvi su Instagram. Siate prudenti.

2) La Signora Sbuffauffa
Ci prova ma proprio non ce la fa.
Il relax l’annoia come un documentario sulla riproduzione delle larve dei lepidotteri in terza serata. Lei prova a combatterlo con ogni forma di intrattenimento: sfoglia pigramente qualche rivista ma dopo un’overdose visiva a base di chiappe Vip, richiude irritata. Infastidita dagli schiamazzi dei vicini infila le cuffie sbuffando e si spara a palla la Summer Hit Compilation ma al terzo brano ha già l’emicrania.
Spegne tutto e tenta un massaggio relax sul bagnasciuga ma viene disturbata da una pallina gommosa che con regolarità le piomba sulle cosce. Irritata prova allora a rilassarsi con lo snorkeling: infila pinne e maschere ma dopo dieci minuti passati senza vedere nemmeno la lisca di un pesce ne ha piene le scatole; quando esce è incazzata più di prima perché alla sua noia si sono aggiunte le alghe nei capelli e anche due moleste vesciche sull’alluce.
Sbuffando si dirige al bar della spiaggia dove ordina un tè freddo che a lei sembra acqua sporca e per di più le resta pure sullo stomaco. Così corre di corsa alla toilette dove però la porta non si chiude e ovviamente è finita la carta igienica. Rimpiange la sua casadolcecasa e con il volto più crucciato che mai torna al suo lettino, appoggia le guance tra i pugni e osservando la folla gioiosa davvero non riesce a capire che cavolo hanno da divertirsi tanto. Lei è lì da un solo giorno e già non ne può più… quasi quasi torna a casa.
Consiglio: avvistatela e stringete amicizia. Forse passerete 24 ore di angoscia ma ne vale la pena. Di solito lascia baracca e burattini entro 48 ore e se gli siete simpatiche vi lascia eredi di un soggiorno già pagato... Meditate ragazze, meditate.

3) La D.D.A ovvero La Divina Distruggi Autostima
È facile da riconoscere.
Guardatevi intorno: quasi tutte le donne normali devono arrabattarsi alla meno peggio tra pinzoni di plastica, ridicoli cappellini in rafia o diaboliche treccine afro strappa capelli per gestire alla meno peggio le ribelli chiome messe a dura prova da sole, sabbia e salsedine.
Quasi tutte tranne la Divina.
Lei esibisce una chioma impeccabile e vaporosa, come fosse avvolta da un’aura a base di jojoba e cheratina, con una nuance perfetta che voi non potreste replicare nemmeno se Jean Louis David diventasse il vostro migliore amico.
La sua abbronzatura è sempre uniforme, dorata al punto giusto e senza fastidiosi segni, mentre per tutte le donne“normali” varia dal rosso San Marzano, all’arancio zucca di Halloween al bianco robiola Osella per le meno colorite. Datevi pace perché accanto a lei sembrerete affascinanti come petti di pollo al supermarket anche se vi state crogiolando al sole da settimane e settimane.
Se sfortunatamente prende in affitto il lettino accanto al vostro, migrate il più lontano possibile.
La vostra autostima potrebbe subire danni irreparabili che nemmeno sei barattoli di Nutella potrebbero lenire. Avvistate un ombrellone riservato alla terza età e chiedete asilo politico ad un trio di vecchiette.
Magari gli manca la quarta per tentare una canasta o un pockerino.

4) Miss Melanina
Ha tre migliori amici: l’olio al mallo di noce, i raggi ultravioletti e il lettino da spiaggia.
All’allegro trio nelle ore di punta si aggiunge un transitorio ospite costituito da un minuscolo paio di occhialini appoggia naso in plastica gialla che Miss Melanina indossa quando sente che le palpebre iniziano a scaldarsi come uova strapazzate, di solito nelle ore di punta.
Giace in posizione supina e immobile di solito dalle 9 alle 12. Alle 12.15 sgranocchia qualche carota e poi cosparge con dovizia ogni angolo del suo corpo con sostanze untuose capaci di attirare anche i raggi solari del Polo Nord. Intorno alle 13.15 si gira a pancia in giù e ci resta fino al tramonto, a meno che non si verifichino calamità naturali in grado di scuotere il suo status di tintarella perpetua.
Se ne individuate una buttatevi a pesce: è una fantastica vicina di ombrellone.
Non parla, non mangia, non schizza, non si muove. Praticamente quasi non esiste.
Unica precauzione: fate attenzione a non farle mai ombra. Anche lei come la Wi-fi Woman potrebbe alterarsi e tramortirvi a colpi di specchietto solare portatile.

5) La Beach Broker
Per lei la playa è come Piazza Affari. Se ne infischia di bandiere blu e acque cristalline: quello che le importa è la caccia al pezzo unico.
È il sogno di tutti i vu cumprà del pianeta, inclusi venditori di cocco e bomboloni.
Durante la stagione invernale se ne sta tranquilla e si limita ad uno shopping cauto e occasionale nella grande distribuzione, ma sotto al solleone subisce una strana metamorfosi per cui ogni cianfrusaglia che vede si trasforma in oggetto del suo desiderio: sudici prendisoli in poliestere, borse in rafia puzzolente, pruriginosi teli mare adatti solo come scrub, braccialetti a laccio emostatico o fondi di bottiglia spacciati per perle di lapislazzuli.
La riconoscerete da lontano perché il suo ombrellone sembra una sorta di Jaama el-Fna dell’Adriatico.
Attorno a lei, venerata dall’intera popolazione multietnica dei Beach seller, il cuore del commercio pulsa inarrestabile come nei primi amori adolescenziali.
Da evitare se si prediligono vacanze silenziose ed economiche: il suo shopping compulsivo potrebbe contagiarvi perché è scientificamente provato che ogni oggetto che viene esaminato e valutato da un’altra donna diventa all’istante totalmente irresistibile anche per tutte le altre.
Quindi girate alla larga e dirigetevi a passo deciso verso l’ombrellone della Signora Sbuffauffa o delle vecchiette canasta-dipendenti.
A meno che non sia già troppo affollato…

P.s.: E voi chi avete incontrato durante le vostre vacanze?

©Monica Coppola