venerdì 1 agosto 2014

Buone vacanze a tutti... ci vediamo a settembre!


Agosto: il blog delle 4writers va in ferie...
Buone vacanze a tutt* voi 
e soprattutto (visto il meteo farlocco di quest'anno) 
buon relax in compagnia di una buona lettura!

Qui trovate le sezioni del blog 
dove troverete tante cose da leggere dal vostro tablet:


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...allora buona lettura, buon relax, buone vacanze 
e ci ritroviamo tutti qui a settembre!

Arianna, Loriana, Monica, Silvia


[racconti brevi] - 21 giugno: Notte prima degli esami e Amarcord… (di Monica Coppola)


21 giugno: Notte prima degli esami e Amarcord

È la notte del solstizio d’estate e mentre dall’altra parte dell’emisfero la nostra nazionale si flagella per quel goal di Ruiz al quarantaquattresimo, io mi barcameno tra i dubbi last minute di una promessa sposa e quelli di una studentessa a poche ore dall’esame orale.

Per essere più precisa cerco di confortare la fatina M. sottovoce e in bilico nell’unico microangolo libero del letto, alla luce di una candela profumata alla viola, tanto per dare una nota romantica alle mie notti visto che il mio coinquilino rantola rumorosamente sul lato destro del talamo nuziale e la piccola C. ha invaso la restante piazza e mezza e riposa beata, distesa a stella marina.

«Vedrai che il vestito sarà perfetto…»

«Non mi allarga i fianchi vero?»

«Ma se hai un vitino di vespa!»

«Dovevo prenderne uno stile impero così potevo divorarmi l’intero buffet degli antipasti…»

«Qualcosa mi dice che non avrai molto appetito…»

«A proposito di appetito… Secondo te avrò fatto bene a mettere il flan di asparagi con la fonduta di toma d’alpeggio? E se non stanno bene insieme?»

«Stai tranquilla. Non credo che qualche invitato si faccia domande sulla liason tra l’asparago e la toma. Quelli mangiano e basta…»

«Sì, sì hai ragione. E il risotto al prosecco mantecato al Castelmagno? Sarà mica indigesto?»

«Si papperanno pure quello vedrai.»

«Tu dici? Beh speriamo… e speriamo anche che non piova…» sospiro dall’altra parte della cornetta «E se invece piove?»

«Ci sarà il sole però tu ora riposa. Che mancano meno di 24 ore al grande giorno!»

«No, no non ricordarmelo. Se no vado nel panico!»

«Mà non riesco a dormire…» F. a piedi nudi e pigiama a righe “stile condannato” e immancabile smartphone trasformato in torcia luminosa per l’occasione, mi appare davanti insieme a tutto lo staff dei timori, dubbi e inquietudini esistenziali della notte prima degli esami unite alle paturnie evergreen di una quattordicenne.

Congedo la sposa rassicurandola sulle condizioni meteorologiche avverse previste per il weekend e passo ad occuparmi di F.

«È normale. È la tua notte prima degli esami. Capita a tutti» e le accarezzo i capelli scompigliati.

«Anche a te?»

Io annuisco «Quando facevo gli esami sì. Sempre»

«Non mi ricordo niente…»

«Ti ricordi tutto. Ti ho sentita solo poche ore fa…»

«Sì ma ora non mi ricordo niente…» poi guarda con aria speranzosa il minuscolo spazio libero a bordo del letto «Posso dormire qui?»

L’ennesimo rantolo del coinquilino spezza il silenzio e affloscia anche la fiammella della mia candela profumata.

«Ehm… forse è meglio se vengo io di là da te…»

Ci spostiamo di camera, chiudiamo le porte e finalmente assaporiamo i primi minuti di silenzio di questa strana notte. Ma non ne passano molti che…

«Mà…» mi chiama ancora. Io mi aspetto l’ennesimo quesito pre esame e invece come un’interrogazione non programmata, mi arriva a sorpresa una domanda tutta nuova «Com’eri tu alla mia età?»

“Eh insomma” vorrei risponderle…

Ho dei flashback delle fasce di pizzo che mi mettevo in testa come fan della signorina Ciccone, dei lucidalabbra pastosi alla fragola che immancabilmente si scioglievano nelle tasche degli shorts che tagliavamo con la forbice sopra le ginocchia.

Ripenso alle montagne di “Cioè”, “Ragazza In” e “Dolly” arraffati dalle edicole e divorati nei sottoscala con le amiche per capire che caspita significava “petting” e carpire ogni segreto del bacio alla francese.

Erano altri tempi, lontani da internet e da facebook. I ragazzi, quando ti andava bene, li conoscevi giocando a pallamuro e li baciavi giocando a nascondino.

Fiorello aveva ancora il codino e Jovanotti era posseduto da uno pseudo avatar che portava il cappello da basket al contrario e voleva a tutti i costi diventare presidente.

Steve Jobs aveva inventato il primo Mac ma io non me n’ero nemmeno accorta: quando parlavi di computer pensavano tutti al Commodore 64 annesso di Pacman e fantasmini bicolore.

A volte ci si rannicchiava sul divano con gli amici a vedere qualche film del terrore preso a noleggio tanto per tirare fuori un po’ del nostro coraggio di neo adolescenti di fine anni Ottanta.

Anche se io sinceramente mi nascondevo gli occhi con le mani e tremavo di paura.

Proprio come la notte prima degli esami.

Perché quella paura lì, in fondo resta sempre la stessa, quella che ora ha F.

Anche se in mezzo è passato un trentennio…

«Più o meno come te ma senza facebook e smartphone…» le rispondo alla fine della mia lunga riflessione.

«No dài, ma che sfiga…» ribatte subito convinta. Anche perché le sembra impossibile pensare che è esistito un tempo in cui se sentivi una canzone che ti piaceva un sacco, non avevi alternativa che aspettare che il pezzo passasse alla radio per poi pigiare in concomitanza il tasto “rec” del tuo stereo, sperando che la cassetta mangianastri avesse ancora spazio e che quel deficiente dello speaker non ci parlasse sopra.

Altro che l’app Shazam…

«Beh allora era normale così…»

«Molto meglio essere una ragazza del duemila.» Aggiunge fiera lottando con uno sbadiglio. «Secondo me quando eri giovane tu era una noiossima palla…» e riflettendo sul contesto sociale sfigato e offline della mia adolescenza, si gira pacifica su un fianco e scivola lentamente tra le braccia di Morfeo…


[il mondo delle donne] - Verso una nuova alba (di Silvia Devitofrancesco)






VERSO UNA NUOVA ALBA


Ho sempre odiato il carnevale. La gente che si traveste per incarnare quel personaggio che avrebbe voluto essere, ma non può essere, le maschere che occultano i visi, la finta innocente allegria.

Era un carnevale come un altro. Una bambina con la gioia di vivere travestita da fata per possedere, almeno per un giorno, la facoltà di trasformare le cose in farfalle. Accanto a lei c’era sua madre. Il suo modello, la sua grande fata buona. Il loro era un rapporto speciale. Simbiotico. Il loro piccolo mondo nel quale abitavano sole. Sole e felici.

La bambina stringeva forte la mano della mamma mentre insieme osservavano i tradizionali carri allegorici che sfilavano lungo la via principale del loro paese.

Il sole illuminava i prati circostanti e le risate festose della gente allietavano quella piacevole domenica di febbraio.

Mi sveglio di soprassalto col cuore che mi martella nel petto. La camicia da notte è madida di sudore. Con mano tremante accendo il lume e respiro affannosamente. La stanza si colora di luce, quella stessa luce così rassicurante che mi ha cullata nelle notti di bambina quando piangevo chiedendo disperatamente dove fosse la mia mamma.

L’uomo che occupa l’altra metà del mio letto si desta. Solleva la testa dal cuscino e mi rivolge uno sguardo preoccupato. <<Miriam, Miriam come stai?>> mi chiede apprensivo. Sorrido guardandolo. Il mio uomo. L’uomo che ho scelto come compagno in ogni momento. <<Tutto apposto, stà tranquillo. È stato il solito incubo. Vado a farmi una doccia. Tu dormi!>> Lo bacio teneramente sulle labbra ed egli, come un bambino ubbidiente, si addormenta all’istante.

Entro in bagno, richiudo la porta alle mie spalle, apro il rubinetto della vasca e mi lascio scivolare lungo la parete piastrellata per poi sedermi sul pavimento freddo. Chiudo gli occhi e, col sottofondo prodotto dal rumore dell’acqua che scorre, rivedo quelle immagini che mi perseguitano da anni.

La bambina era così intenta a lanciare i coriandoli colorati, spensierata e felice come solo i bambini sanno essere, da non accorgersi di ciò che stesse accadendo alle sue spalle, come, d’altronde, il resto della gente che affollava quel marciapiede. Tuttavia questi individui finsero di non aver notato nulla e stesero il velo dell’omertà, nascondendosi dietro i sorrisi e gli applausi per gli artisti di strada che si stavano esibendo in quel momento.

La sfilata giunse al termine. La folla applaudiva festosa e i bambini stringevano la mano dei genitori per poi avviarsi verso casa. La piccola Miriam salutava i suoi amici e, contemporaneamente, si voltava in attesa che sua madre le si avvicinasse. La strada era quasi deserta. La luce del sole stava lentamente scomparendo per lasciare spazio al chiarore della luna. <<Mamma, mamma dove sei?>> gridò la bambina. La mamma non le rispose. La piccola mosse qualche piccolo passo sull’asfalto e riprese a chiamare la sua mamma. <<Mamma dove sei?>> Ancora una volta non ottenne alcuna risposta. Miriam iniziò a singhiozzare attirando, così, l’attenzione delle comitive di ragazzi che si dirigevano verso un vicino pub. <<Piccola cosa è successo?>> <<La mia mamma, non riesco più a trovare la mia mamma. Ho paura voglio la mia mamma.>>

Il rumore dell’acqua che si riversa sul pavimento mi fa uscire da questo stato di torpore nel quale sono caduta. Mi rialzo a fatica e chiudo immediatamente i rubinetti. Mi sfilo la camicia da notte, accarezzo il mio corpo nudo di donna e mi immergo nell’acqua. Mi strofino con forza, quasi graffiandomi, così da mandare via quell’incubo che, quasi ogni notte, torna ad affliggermi. Ho sempre rifiutato l’aiuto che mi veniva offerto dai lontani parenti, dagli amici, dalla psicologa della scuola. Questo incubo è un fantasma che fa parte di me, vive in me e sarà con me fino alla fine dei miei giorni.

La bambina singhiozzava terrorizzata. <<Voglio la mia mamma, portatemi dalla mia mamma.>> Due braccia possenti la afferrarono e la portarono via, nonostante lei provasse a dimenarsi scalciando.

Esco dalla vasca e indosso l’accappatoio. Infilo i miei lunghi capelli neri, che tanto mi rendono simile a lei, in un asciugamano, spengo la luce e torno a letto.

L’uomo, che da tre anni è mio marito, dorme girato su un fianco. Non appena mi sdraio, la sua mano mi stringe forte, attirandomi a sé, come a volermi proteggere.

L’infanzia della piccola Miriam terminò in una casa- famiglia, poiché nessuno fu disposto a prendersi cura di lei. Ogni notte la bambina guardava le stelle, sperando di poter scorgere il volto della sua mamma. Avrebbe tanto desiderato conoscere il motivo che l’aveva spinta ad abbandonarla…

Molti anni dopo, divenuta ormai una donna, Miriam seppe che sua madre era stata rapita, per poi essere uccisa, dall’unico uomo che ella avesse mai amato: suo padre.

<<Amore, è qui, tra le tue braccia, che io desidero vivere.>> sussurro all’orecchio di mio marito prima di addormentarmi serena. Con lui al mio fianco, pronto a sorreggermi e a supportarmi, avrei camminato con passo sicuro verso una nuova alba. Un’alba colorata di rosa, che avrebbe scacciato via le tenebre del ricordo.


©Silvia Devitofrancesco

[poesie] - Amore all'improvviso di Arianna Berna


Amore all'improvviso



Faceva freddo
e mai avrei immaginato che il cuore si sarebbe scaldato
proprio quella sera,
proprio con lui.


Così diversi,
così lontani,
due pianeti distinti,
due opposti che inevitabilmente si attraggono.


Il primo timido bacio,
quasi per sbaglio,
quasi temuto,
eppure così intenso.


Labbra che si cercano
e improvvisamente non sanno più fare a meno le une delle altre
un brivido,
un'ondata di gioia.


Fra tutti proprio lui,
e ancora lui,
e da adesso in poi... sempre lui,
nella testa e nel cuore.


©Arianna Berna