venerdì 1 agosto 2014

[racconti brevi] - 21 giugno: Notte prima degli esami e Amarcord… (di Monica Coppola)


21 giugno: Notte prima degli esami e Amarcord

È la notte del solstizio d’estate e mentre dall’altra parte dell’emisfero la nostra nazionale si flagella per quel goal di Ruiz al quarantaquattresimo, io mi barcameno tra i dubbi last minute di una promessa sposa e quelli di una studentessa a poche ore dall’esame orale.

Per essere più precisa cerco di confortare la fatina M. sottovoce e in bilico nell’unico microangolo libero del letto, alla luce di una candela profumata alla viola, tanto per dare una nota romantica alle mie notti visto che il mio coinquilino rantola rumorosamente sul lato destro del talamo nuziale e la piccola C. ha invaso la restante piazza e mezza e riposa beata, distesa a stella marina.

«Vedrai che il vestito sarà perfetto…»

«Non mi allarga i fianchi vero?»

«Ma se hai un vitino di vespa!»

«Dovevo prenderne uno stile impero così potevo divorarmi l’intero buffet degli antipasti…»

«Qualcosa mi dice che non avrai molto appetito…»

«A proposito di appetito… Secondo te avrò fatto bene a mettere il flan di asparagi con la fonduta di toma d’alpeggio? E se non stanno bene insieme?»

«Stai tranquilla. Non credo che qualche invitato si faccia domande sulla liason tra l’asparago e la toma. Quelli mangiano e basta…»

«Sì, sì hai ragione. E il risotto al prosecco mantecato al Castelmagno? Sarà mica indigesto?»

«Si papperanno pure quello vedrai.»

«Tu dici? Beh speriamo… e speriamo anche che non piova…» sospiro dall’altra parte della cornetta «E se invece piove?»

«Ci sarà il sole però tu ora riposa. Che mancano meno di 24 ore al grande giorno!»

«No, no non ricordarmelo. Se no vado nel panico!»

«Mà non riesco a dormire…» F. a piedi nudi e pigiama a righe “stile condannato” e immancabile smartphone trasformato in torcia luminosa per l’occasione, mi appare davanti insieme a tutto lo staff dei timori, dubbi e inquietudini esistenziali della notte prima degli esami unite alle paturnie evergreen di una quattordicenne.

Congedo la sposa rassicurandola sulle condizioni meteorologiche avverse previste per il weekend e passo ad occuparmi di F.

«È normale. È la tua notte prima degli esami. Capita a tutti» e le accarezzo i capelli scompigliati.

«Anche a te?»

Io annuisco «Quando facevo gli esami sì. Sempre»

«Non mi ricordo niente…»

«Ti ricordi tutto. Ti ho sentita solo poche ore fa…»

«Sì ma ora non mi ricordo niente…» poi guarda con aria speranzosa il minuscolo spazio libero a bordo del letto «Posso dormire qui?»

L’ennesimo rantolo del coinquilino spezza il silenzio e affloscia anche la fiammella della mia candela profumata.

«Ehm… forse è meglio se vengo io di là da te…»

Ci spostiamo di camera, chiudiamo le porte e finalmente assaporiamo i primi minuti di silenzio di questa strana notte. Ma non ne passano molti che…

«Mà…» mi chiama ancora. Io mi aspetto l’ennesimo quesito pre esame e invece come un’interrogazione non programmata, mi arriva a sorpresa una domanda tutta nuova «Com’eri tu alla mia età?»

“Eh insomma” vorrei risponderle…

Ho dei flashback delle fasce di pizzo che mi mettevo in testa come fan della signorina Ciccone, dei lucidalabbra pastosi alla fragola che immancabilmente si scioglievano nelle tasche degli shorts che tagliavamo con la forbice sopra le ginocchia.

Ripenso alle montagne di “Cioè”, “Ragazza In” e “Dolly” arraffati dalle edicole e divorati nei sottoscala con le amiche per capire che caspita significava “petting” e carpire ogni segreto del bacio alla francese.

Erano altri tempi, lontani da internet e da facebook. I ragazzi, quando ti andava bene, li conoscevi giocando a pallamuro e li baciavi giocando a nascondino.

Fiorello aveva ancora il codino e Jovanotti era posseduto da uno pseudo avatar che portava il cappello da basket al contrario e voleva a tutti i costi diventare presidente.

Steve Jobs aveva inventato il primo Mac ma io non me n’ero nemmeno accorta: quando parlavi di computer pensavano tutti al Commodore 64 annesso di Pacman e fantasmini bicolore.

A volte ci si rannicchiava sul divano con gli amici a vedere qualche film del terrore preso a noleggio tanto per tirare fuori un po’ del nostro coraggio di neo adolescenti di fine anni Ottanta.

Anche se io sinceramente mi nascondevo gli occhi con le mani e tremavo di paura.

Proprio come la notte prima degli esami.

Perché quella paura lì, in fondo resta sempre la stessa, quella che ora ha F.

Anche se in mezzo è passato un trentennio…

«Più o meno come te ma senza facebook e smartphone…» le rispondo alla fine della mia lunga riflessione.

«No dài, ma che sfiga…» ribatte subito convinta. Anche perché le sembra impossibile pensare che è esistito un tempo in cui se sentivi una canzone che ti piaceva un sacco, non avevi alternativa che aspettare che il pezzo passasse alla radio per poi pigiare in concomitanza il tasto “rec” del tuo stereo, sperando che la cassetta mangianastri avesse ancora spazio e che quel deficiente dello speaker non ci parlasse sopra.

Altro che l’app Shazam…

«Beh allora era normale così…»

«Molto meglio essere una ragazza del duemila.» Aggiunge fiera lottando con uno sbadiglio. «Secondo me quando eri giovane tu era una noiossima palla…» e riflettendo sul contesto sociale sfigato e offline della mia adolescenza, si gira pacifica su un fianco e scivola lentamente tra le braccia di Morfeo…


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