lunedì 14 marzo 2016

[Recensioni] - L'ultima settimana di settembre di Lorenzo Licalzi (a cura di Silvia Devitofrancesco)


acquistalo qui

Pietro Rinaldi, scrittore genovese, è giunto alla veneranda età di ottant’anni. Solo, dopo aver perso la moglie Sara e aver deciso di non avere grandi contatti con la figlia Roberta, vorrebbe suicidarsi proprio il giorno in cui spegnerà le ottanta candeline. Tuttavia tale piano non potrà essere attuato. La morte improvvisa della figlia e del genero, costringerà Pietro a confrontarsi con Diego, il quindicenne figlio della coppia nonché suo nipote, accompagnato dal fedele cagnone Sid. 
L’uomo non vuole però assumersi la responsabilità di un adolescente e così si mette in contatto con Marcello, zio del ragazzo, residente a Roma. Il viaggio Genova – Roma a bordo di Dea, una vecchia Citroen DS Pallas decappottabile è per Pietro una vera e propria rivelazione sul suo ruolo di nonno. 
“L’egoismo vince su tutto, perde soltanto contro l’amore, l’unica forza in grado di annichilirlo.; ma di amore non ce n’è a sufficienza, mentre l’egoismo è molto più diffuso e radicato in noi. È l’egoismo il motore del mondo, per questo va avanti male; in ogni caso, se non ci fosse ci saremmo già estinti.” 
In un primo momento ho pensato che questo romanzo fosse incentrato sul tema del conflitto generazionale nonno vs nipote, invece, sin dalle prime pagine, ci si accorge che non è così. 
L’opera sviluppa numerose tematiche: la solitudine, la morte, il suicidio, il senso di responsabilità, la famiglia. Pietro Rinaldi è un uomo in continua lotta col mondo (i titoli dei suoi romanzi lo dimostrano ampiamente), convinto che ormai per lui non c’è più posto. Si rifiuta di usare il computer, il cellulare e di frequentare la famiglia. Quando, suo malgrado, si trova a dover fronteggiare un’emergenza di così grande portata, ecco che Pietro inaspettatamente dimostra di saper tenere le redini. 
Il viaggio Genova – Roma rivela ben presto il suo senso metaforico. Nonno e nipote iniziano a guardarsi con occhi diversi, imparando a conoscersi reciprocamente. Gli incontri con personaggi dai tratti caratteriali decisamente singolari (l’amico di un tempo Cesare e lo sconosciuto autostoppista Luigi con relativi amici) che sembrano rallentare un viaggio nel quale la meta coincide con una nuova separazione, permettono ai due protagonisti di vivere esperienze di condivisione. 
Attraverso il rapporto con Diego, Pietro cresce, imparando a conoscere meglio se stesso, fino ad arrivare ad apprezzare la vita. Quella vita che gli ha tolto una figlia, ma gli ha regalato un nipote. Diego appare sin dal primo momento un quindicenne maturo. Non piange mai (o almeno non lo fa mai vedere), asseconda il nonno nella scelta di affidarlo agli zii, si preoccupa delle sue responsabilità. 
Non mancano certo, nel corso della storia, momenti in cui il suo lato ancora bambino prende il sopravvento ed è proprio durante questi momenti che il legame nonno – nipote si consolida, divenendo qualcosa d’importante. 
Con uno stile semplice, ironico e un ritmo abbastanza serrato (ci sono momenti in cui le descrizioni lo rallentano considerevolmente) l’autore riesce a dare vita a ritratti psicologici ben definiti. 
La sua opera è un lungo flusso di coscienza nel quale i personaggi si perdono, soffrono, sorridono, si amano e si odiano. Il lettore è abbastanza coinvolto dalle vicende. Sembra avvertire anch’egli i turbamenti di Pietro, vorrebbe provare a dare risposta alle sue domande e non può non rimanere spiazzato dinanzi all’incredibile decisione finale di Pietro. 
Un romanzo interessante. Un’opera che consegna un messaggio di speranza e tenerezza. Una dimostrazione d’amore.
(recensione a cura di Silvia Devitofrancesco)

Nessun commento:

Posta un commento