martedì 1 luglio 2014

[racconti brevi] - Nina (di Arianna Berna)

NINA

Mi chiamo Nina e sono una formichina.

Ho lunghe antenne nere sulla testa, che scuoto per parlare con le mie amiche operaie. Siamo una squadra instancabile e con Nippa e Pucci lavoriamo tanto tutti i giorni, dall'alba al tramonto, senza sosta. 

L'estate è la nostra stagione di punta, una buona raccolta di cibo ci garantisce un inverno tranquillo, quindi, per il bene comune, corriamo tutte come delle matte, alla ricerca di cibo.

Il formicaio è la nostra casa e assomiglia a un grande condominio, solo che invece di essere fatto di cemento è composto di terra, pezzettini di legno e qualsiasi materiale riusciamo ad accatastare. 

A dire il vero esistono anche formicai di cemento, una mia cugina di città vive proprio in una di quelle orribili costruzioni, lontano dal verde e dalla terra del bosco. Si sono ingegnate per sopravvivere a quell'ambiente ostile, creando l'inverosimile: hanno rosicchiato il cemento, pezzetto dopo pezzetto e si sono infilate dentro, colonizzando il palazzo.

Sono le padrone dell’edificio e quando ci sono i primi caldi escono tutte insieme seminando il panico fra i condomini, i giganti rosa come li chiamo io, fatti di carne e ossa. 

Proprio come questo omaccione che mi sta osservando inginocchiato nel morbido terriccio del bosco. Dalla borsa di vimini che porta con sé posso intendere che sia un raccoglitore di funghi.

In questo istante però è interessato a me e mi sta studiando come se fossi di una bestia rara. Si avvicina sempre di più e mi mette un'ansia indescrivibile.

Gli urlo scuotendo le antenne 

<<Ma sei fuori? Che hai da guardare? Sono solo una formica! Devo lavorare, lasciami passare!>> 

Ma il gigante continua a sbuffare e mi infesta con il suo alito puzzolente, senza muoversi di un centimetro. 

<<Mamma come sei brutto con quella faccia grande e quel pelo matto che esce rado e spinoso dalle guance!>> 

Urlo ancora inascoltata.

Non so se mi fanno più schifo gli occhi così lucidi e contornati da ciuffetti di peluria ricurva, o la bocca, umida e grande, con quei cosi bianchi che spuntano dalle gengive rosa. Sembrano tronchi passati in candeggina, penso si chiamino denti.

Inizio ad essere un pò preoccupata, perché, anche se cerco di scappare in ogni direzione, questo gigante maleodorante non mi lascia andare via, si diverte ad intralciare il mio cammino. 

Cosa vuole da me? 

E pensare che mi sono allontanata da Nippa e Pucci perché ho sentito un buon profumo di pane, non sapevo cosa aspettarmi mentre seguivo la scia del buon odore, poi l'ho vista e sono rimasta estasiata! Una briciola grande quasi quanto me.

Una briciola di pane nel bosco è merce rara e preziosa. Piacerà moltissimo alla formica madre, ne sono certa. Riceverò sicuramente un premio e magari potrò assaggiarne anche un pezzetto.

Sono così vicina al mio trofeo che non posso lasciarlo. L’omone si è distratto, è sobbalzato e si è alzato in piedi al trillare di un aggeggio infernale che ha estratto dal taschino della camicia a quadrati rossi e bianchi. Parla a voce alta in una lingua che non conosco, ma capisco che è il momento giusto per agire. 

Approfitto dell'attimo e corro a più non posso. Mi sento Carl Lewis, sono più veloce del vento, afferro con una zampa la briciola che è quasi più grande di me e mi rifugio sotto un fungo panciuto poco distante.

Prendo fiato, sono sfinita, la briciola pesa, ma non voglio lasciarla, è troppo preziosa. 

L'omone, mi sta cercando o almeno così mi sembra perché si avvicina pericolosamente al nascondiglio. Mi faccio piccola-piccola, accucciandomi sotto dei pezzettini di corteccia, appoggiata con la schiena al tronco del fungo.

Sono attimi decisivi. Ho tanta paura, l'ho visto succedere svariate volte a delle mie povere colleghe che adesso non ci sono più, se non sei svelta ti calpestano o ti portano via. 

Non voglio che oggi capiti a me e alle mie amiche, ma inizio a temere il peggio.

Se non posso salvare me stessa, almeno devo preservare loro, devo avvisarle. Scuoto le antenne e grido a più non posso a Nippa e Pucci di scappare, di tornare al formicaio. Intanto resto nascosta. 

L'uomo peloso si avvicina, sento il terreno sobbalzare ad ogni passo. E' un immenso, sembra non finire mai da quanto è alto. Non posso fare nulla contro di lui. Non ho armi per difendermi. 

Un balzo e un altro ancora. 

Il suo pesante scarpone con la suola di gomma spessa e nera è a pochi centimetri da me. Il cuoricino batte all'impazzata, sembra voglia uscire dal petto. E' la fine. Peccato non essere riuscita a tornare a casa, proprio oggi che avevo trovato questo tesoro di briciola. 

Già mi immagino schiacciata e appiccicata a quella suola che ora sta ruotando, cambiando il senso di marcia. Scivola e schiaccia tutto quello che sfiora. Il fungo si spezza lasciandomi scoperta. Abbasso le antenne e abbraccio la briciola, come se fosse un'amica. Attendo l'attimo in cui sarò poltiglia insieme al muschio e a quello che resta del fungo.

Silenzio, poi un tonfo, un altro ancora. I possenti piedi si allontanano da me. 

Stendo a crederci eppure è vero!

<<Sono viva.>> 

Grido forte scuotendo le antenne. 

Nippa e Pucci mi rispondono e le raggiungo festante alzando la briciola al cielo come se fosse un trofeo.

©Arianna Berna 

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