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Pietro Rinaldi, scrittore genovese, è giunto alla veneranda età di ottant’anni. Solo, dopo aver perso la moglie Sara e aver deciso di non avere grandi contatti con la figlia Roberta, vorrebbe suicidarsi proprio il giorno in cui spegnerà le ottanta candeline. Tuttavia tale piano non potrà essere attuato. La morte improvvisa della figlia e del genero, costringerà Pietro a confrontarsi con Diego, il quindicenne figlio della coppia nonché suo nipote, accompagnato dal fedele cagnone Sid.
L’uomo
non vuole però assumersi la responsabilità di un adolescente e così si
mette in contatto con Marcello, zio del ragazzo, residente a Roma. Il
viaggio Genova – Roma a bordo di Dea, una vecchia Citroen DS Pallas
decappottabile è per Pietro una vera e propria rivelazione sul suo ruolo
di nonno.
“L’egoismo vince su tutto, perde soltanto contro l’amore, l’unica forza in grado di annichilirlo.; ma di amore non ce n’è a sufficienza, mentre l’egoismo è molto più diffuso e radicato in noi. È l’egoismo il motore del mondo, per questo va avanti male; in ogni caso, se non ci fosse ci saremmo già estinti.”
In
un primo momento ho pensato che questo romanzo fosse incentrato sul
tema del conflitto generazionale nonno vs nipote, invece, sin dalle
prime pagine, ci si accorge che non è così.
L’opera
sviluppa numerose tematiche: la solitudine, la morte, il suicidio, il
senso di responsabilità, la famiglia.
Pietro Rinaldi è un uomo in continua lotta col mondo (i titoli dei suoi
romanzi lo dimostrano ampiamente), convinto che ormai per lui non c’è
più posto. Si rifiuta di usare il computer, il cellulare e di
frequentare la famiglia. Quando, suo malgrado, si trova a dover
fronteggiare un’emergenza di così grande portata, ecco che Pietro
inaspettatamente dimostra di saper tenere le redini.
Il
viaggio Genova – Roma rivela ben presto il suo senso metaforico. Nonno
e nipote iniziano a guardarsi con occhi diversi, imparando a conoscersi
reciprocamente. Gli incontri con personaggi dai tratti caratteriali
decisamente singolari (l’amico di un tempo Cesare e lo sconosciuto
autostoppista Luigi con relativi amici) che sembrano rallentare un
viaggio nel quale la meta coincide con una nuova separazione, permettono
ai due protagonisti di vivere esperienze di condivisione.
Attraverso
il rapporto con Diego, Pietro cresce, imparando a conoscere meglio se
stesso, fino ad arrivare ad apprezzare la vita. Quella vita che gli ha
tolto una figlia, ma gli ha regalato un nipote.
Diego appare sin dal primo momento un quindicenne maturo. Non piange mai
(o almeno non lo fa mai vedere), asseconda il nonno nella scelta di
affidarlo agli zii, si preoccupa delle sue responsabilità.
Non
mancano certo, nel corso della storia, momenti in cui il suo lato
ancora bambino prende il sopravvento ed è proprio durante questi momenti
che il legame nonno – nipote si consolida, divenendo qualcosa
d’importante.
Con
uno stile semplice, ironico e un ritmo abbastanza serrato (ci sono
momenti in cui le descrizioni lo rallentano considerevolmente) l’autore
riesce a dare vita a ritratti psicologici ben definiti.
La
sua opera è un lungo flusso di coscienza nel quale i personaggi si
perdono, soffrono, sorridono, si amano e si odiano.
Il lettore è abbastanza coinvolto dalle vicende. Sembra avvertire
anch’egli i turbamenti di Pietro, vorrebbe provare a dare risposta alle
sue domande e non può non rimanere spiazzato dinanzi all’incredibile
decisione finale di Pietro.
Un romanzo interessante. Un’opera che consegna un messaggio di speranza e tenerezza. Una dimostrazione d’amore.
(recensione a cura di Silvia Devitofrancesco)
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