Karin Losco
è una giovane donna che a soli diciotto anni è in grado di dare una
importate lezione di coraggio, maturità e tenacia nel governare una
malattia per la quale non esistono cure.
Karin è
afflitta da una grave forma di patologia all’intestino che ha
lasciato una testimonianza toccante in un’intervista a Vanity Fair
a febbraio 2015*.
«Affrontare
ogni giorno una malattia contro la quale non esistono cure significa
combattere contro un mostro che alcune volte ti distrugge
completamente. Ti toglie le energie e purtroppo in certi momenti
riesce a strapparti anche la speranza e la voglia di vivere».
Nella
sua giovane vita Karin ha dovuto già affrontare l’umiliazione di
non essere compresa e non curata per il male che la divorava dentro,
poiché la sua malattia era stata scambiata per un’altra e per
questo erroneamente curata. «Credevano che fossi anoressica. In
realtà non capivano perché non riuscivo né a mangiare né a bere
nulla e allo stesso tempo a sentirmi piena. Ma se bevevo stavo male
per ore, e se mangiavo qualcosa ancora peggio. Ho subito in quegli
anni umiliazioni e trattamenti che non dimenticherò mai».
Il
calvario era incominciato da bambina, a soli 8 anni, e nel tempo,
invece di migliorare i sintomi non hanno fatto che aggravarsi. La
scoperta giunge dopo sette anni, in cui il suo male prende un nome e
un cognome: displasia neuronale intestinale, che come spiega la
stessa Karin è «Una patologia che non consente al all’intestino
di funzionare come dovrebbe».
Karin
ricorda il giorno in cui le comunicarono la diagnosi «Con me –
ricorda Karin – quel giorno c’erano i miei genitori che rimasero
spiazzati dalla notizia. Si sente spesso parlare di malattie rare, ma
si pensa sempre che essendo rare non possano capitare mai ai tuoi
familiari o amici e che siano cose lontane da te e dalla tua vita, e
invece non è così. Sapere di essere affetta da una malattia rara e
grave, non è una bella prospettiva di vita, ma mi ha fatto
sentire risollevata. Mi ha tolto quel peso e quell’incertezza in
cui ho vissuto per anni tra corsie di ospedali e cure sbagliate».
Karin
ha reagito affrontando con coraggio la malattia, non lasciandosi
sopraffare dallo sconforto.
«La
malattia mi limita in molte cose. Mi costringe – racconta - a
vivere alla giornata non programmando nulla. Poi passando dodici ore
al giorno attaccata a un filo di flebo, molte notti ho difficoltà ad
addormentarmi e di conseguenza di giorno sono molto stanca».
«Approfitto
quando i dolori si attenuano per fare ciò che mi piace. Adoro
leggere. Mi piace uscire e divertirmi. Quando invece sto troppo male
a farmi compagnia c’è la musica. Quando sei affetta da una
malattia rara non ricordi nemmeno quali siano i ritmi di una giornata
normale. Quando vado a dormire spero sempre che il giorno che verrà
sia accettabile e senza troppo dolore. Quando mi sveglio al mattino,
invece, penso che ho a disposizione un nuovo giorno per poter vivere
e che quel giorno non merita di essere sprecato. Mi spaventa il
fatto che la mia malattia possa peggiorare e che potrei non riuscire
più a mangiare e a bere neanche quel poco che posso ora».
L’intervista
alla giovane e saggia Karin finisce con parole di speranza e di
entusiasmo che mi hanno personalmente toccato.
«Una
malattia rara
è vero, sconvolge l’esistenza, ma ogni giorno ti ricorda di non
mollare. A volte non è facile, lo ammetto. La malattia mi ha
cambiato la vita e il mio modo di affrontarla. Mi
insegna ogni giorno che non bisogna lasciarsi andare.
Ho
imparato ad apprezzare ogni attimo di serenità. Ogni piccola
cosa che prima poteva sembrare insignificante ora capisco che è
preziosa. La vita, in fondo, anche con una malattia rara è una
splendida avventura nella quale vale la pena di tuffarsi a
capofitto».
Dolce
e bella Karin, dopo aver letto la tua importante testimonianza non
posso che dimostrarti la stima che provo per te, augurandoti di non
mollare mai.
Un
in bocca al lupo infinito.
©Arianna Berna
*Notizia tratta dal sito
http://www.vanityfair.it/news/italia/15/02/28/giornata-malattia-rara-storia-foto,
articolo del 20 febbraio 2015 di Angela
Altomare
e fotografia del primo piano i Karin del
medesimo articolo
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