“Ma quanto piove oggi?” chiese Arturo a Beatrice, che si volse nascondendo l’imbarazzo dietro un sorriso gentile, qualsiasi parola le sembrava stupida, perché, mentre lui le parlava del tempo, avrebbe voluto dirgli che aspettava un figlio.
Un cosino stava crescendo in lei e giorno dopo giorno lo immaginava trasformarsi. Quando aveva fatto l’ecografia quella mattina non poteva credere ai suoi occhi, sapeva di essere incinta, ma non immaginava che quel cosino avesse già testa, braccia e gambe. Quanta tenerezza le aveva fatto, così piccolo ed indifeso.
Beatrice quel cosino non lo aveva desiderato, né cercato, era giunto inaspettato, anche perché a quarantadue anni non era proprio una ragazzina sprovveduta. L’ironia della vita, con il marito aveva provato per anni, mentre con questo nuovo amore erano bastati un paio di incontri. Da sposata, aveva provato di tutto per restare incinta, finché la pesante frustrazione di credersi infertile l’aveva separata dall’uomo che aveva sposato.
Arturo era apparso per caso, parecchio tempo dopo il divorzio. Il loro amore era iniziato in sordina ed era esploso senza tante cerimonie. Erano fatti l’uno per l’altra, anime affini e complementari. Artuto abitava in un’altra città e di solito era lui a raggiungerla a Ferrara. La chiamava più volte al giorno e parlavano per ore senza annoiarsi. Non aveva mai ricevuto tante attenzioni in vita sua e questo aveva contribuito a farle perdere la testa.
Beatrice all’inizio non si era insospettita del ritardo, poiché non era mai stata regolare; il pensiero le sembrava poi una tale utopia, incinta? Ma figuriamoci! Impossibile! Però passati due mesi, iniziava ad avere qualche dubbio. Dopo altre due settimane si era decisa ad acquistare un test in farmacia.
Era impossibile eppure era vero. Teneva in mano un test con due lineette rosa: esito positivo. Incredula l’aveva gettato nel cestino del bagno ed era corsa ad acquistarne un altro, questa volta chiese il test migliore in commercio e il più preciso “Guardi signora, questo le indica anche le settimane” ed ebbe la seconda conferma. Dopo un attimo di stordimento, appoggiata al muro del bagno, Beatrice aveva iniziato a piangere lacrime di gioia.
Beatrice aveva uno sguardo sognante mentre ripensava a quei momenti. Arturo, che aspettava una risposta alla sua inutile domanda sul tempo, la fissava stranito “Stai bene mia cara? Sei così distratta oggi”
“Sto bene, sto bene, spero solo che smetta di piovere, Flappy ha bisogno di uscire”
“Invece spero che continui a piovere, potrei restare una vita intera abbracciato a te su questo divano” le rispose lui.
Davanti al caminetto acceso e stretta al suo amore, Beatrice sentiva il cuore gonfio di felicità. Fra una coccola e l’altra si era abbandonata al sonno. Al risveglio Arturo non era accanto a lei, lo sentiva parlare nella stanza affianco e incuriosita lo raggiunse. Arturo era in cucina che stava parlando fitto al telefono, ma appena la vide lo chiuse “Pensavo di preparati una cioccolata, ti va?” “Preferirei un the, ho un po’ di mal di pancia” più che dolori di stomaco, erano le nausee.
Arturo l’osservava preoccupato “Devi andare da un medico, stai male da troppo tempo ormai” “hai ragione, prometto che lunedì ci vado” mentì Beatrice che sapeva benissimo quale era la causa del suo malessere, ma il momento non era ancora arrivato.
Fuori continuava a piovere, Beatrice aveva immaginato di dargli la notizia al parco pubblico, seduti nella loro panchina, dove quattro mesi prima si erano incontrati. Quel giorno, come ogni giorno all’ora di pranzo stava facendo scorrazzare il cagnolino nel parco cittadino. Seduta su una panchina in ferro battuto aspettava con pazienza che Flappy finisse di sgranchirsi le zampe. Era rimasta sorpresa dall’uomo elegante che le si era accomodato accanto. Era rimasta ancora più colpita quando aveva iniziato a parlarle con il pretesto del cane. I minuti erano volati. Il giorno successivo lo rivide, come pure quello a seguire. Il terzo giorno Arturo le chiese il numero di telefono perché sarebbe partito per Milano, ma desiderava risentirla. La riservata Beatrice, proprio lei che in vita sua non aveva mai azzardato nulla, diede il numero. Da una telefonata, all’altra passarono i mesi intervallandosi con gli incontri, mentre le loro anime si stavano innamorando.
Arturo l’accarezzava con tenerezza cingendola in tenero abbraccio, improvvisamente Beatrice decise che era arrivato il momento, al diavolo il parco, si scostò dalla stretta e proprio mentre stava per aprire bocca, lui la sorprese mettendo fra loro un piccolo pacchetto, confezionato con una carta da regalo costosa ed un grazioso nastro di raso “Per i nostri primi quattro mesi” “Non dovevi…” gli rispose Beatrice mentre pensava al prezioso dono che stava per comunicargli. Arturo le aveva regalato un pendaglio a forma di cane, a guardarlo bene assomigliava molto a Flappy. “L’ho commissionato a un orafo di Milano, è il ritratto di Flappy, gli sono debitore, se non fosse per lui non ci saremo mai incontrati” una calda lacrima scese dagli occhi di Beatrice commossa. Persi in un abbraccio che sembrava infinito, furono interrotti da Flappy che cercava di dividerli con in musetto.
Beatrice avvolta e sopraffatta dai sentimenti, galoppava con la fantasia, insieme avrebbero formato una bella famiglia, ne era certa. Immaginava Arturo camminare mano nella mano con cosino, le domeniche in famiglia e una bella casa grande in campagna.
Il momento magico era però passato “Ha smesso di piovere, andiamo al parco a fare una passeggiata” propose Arturo.
Il piccolo Flappy trottava vicino a loro senza guinzaglio. Era poco più grande di un gatto, piuttosto simile ad un cane di razza a pelo corto color miele.
Raggiunta la panchina, Beatrice l’asciugò con dei fazzoletti, finalmente era arrivato il momento e non si sarebbe fatta interrompere un’altra volta.
La tranquillità però l’aveva lasciata, iniziava ad essere agitata, le tremavano le mani, le sue sicurezze stavano svanendo, lasciando spazio alla paura di essere respinta: e se Arturo non fosse stato entusiasta quanto lei? In fondo si conoscevano da così poco tempo.
Con il viso cupo e senza guardalo negli occhi dal troppo imbarazzo iniziò a parlare “Devo parlarti di un fatto serio, è stato uno shock, ho da poco scoperto” prese fiato e proprio mentre stava per dichiarare il proprio segreto, Arturo le appoggiò un dito sulle labbra dicendo “Perdonami, avrei dovuto essere sincero fin dall’inizio. Quando ti ho incontrata il matrimonio era già in crisi, ti giuro che te ne avrei parlato al momento giusto”.
Beatrice rimase perplessa, ma come? Cosa c'entrava questa storia? Che stava succedendo? Stava per comunicare la gravidanza ed invece scopriva che il suo uomo aveva un’altra, anzi peggio, era lei stessa l’altra, l’amante, la rovina famiglie. Aveva la netta impressione che il suo mondo fosse stato travolto e distrutto nella velocità di un battito di ciglia, ma era ancora stordita per afferrare la gravità della situazione, perplessa gli chiese “Scusa sei sposato?”
“Certo, non era questo che stavi per dirmi?”
“No, dannazione, no!” disse con la voce spezzata dal pianto.
Senza null’altro aggiungere si alzò e si allontanò seguita dal fedele Flappy, spettatore ignaro della tragedia appena consumata. Arturo la rincorse fermandola e chiedendole cosa dovesse dirgli di così importante “Dall’espressione seria che avevi pensavo mi avessi scoperto”. Beatrice scosse il capo osservandolo sconsolata. Si sentiva la sfortunata protagonista della commedia degli equivoci. Doveva decidere in fretta, probabilmente aveva di fronte l’ultima possibilità per ricostruire o meglio costruire un futuro con quest’uomo. Guardandolo negli occhi, mentre lui cercava in tutti i modi di suscitare la sua empatia, si rese conto di non desiderare una famiglia con chi già ce l’aveva e, cercando l’ultima conferma, gli chiese “Hai dei figli?”
“Due, un maschio ed una femmina”
“Bene allora sei già a posto così, non abbiamo nulla da dirci”.
Arturo provò a prenderle la mano, che Beatrice ritrasse scappando di corsa con Flappy sotto il braccio.
Ansimante rientrò in casa e si abbandonò sul divano. Travolta da un profondo senso di ingiustizia se la prese con se stessa per essere stata una sciocca credulona, poteva e doveva accorgersene prima. La rabbia galoppava facendole scoppiare la testa, il cuore batteva così veloce da pulsare nel collo e la gola stretta in un singhiozzo strozzato mentre si ripeteva all’infinito stupida, stupida, stupida...
Improvvisamente una forte fitta al basso ventre la fece piegare dal dolore, le viscere si strinsero come in un pugno, era cosino che si ribellava, chiedendo attenzione alla sua mamma. Per la prima volta lo sentì come una presenza effettiva e non come una righetta di un test di gravidanza o la foto dell’ecografia. Dentro di lei esisteva davvero una creaturina. Il desiderio di maternità negli anni frustrato e soffocato sbocciò, trovando una nuova primavera, illuminandola di un inaspettato benessere e con la mano iniziò ad accarezzarsi la pancia, sussurrando al suo bambino parole rassicuranti e dolci.
(Sei mesi più tardi)
Cosino, nel frattempo battezzato all’anagrafe come Giulio, aveva impiegato quasi un giorno a nascere, la madre era esausta, ma serena, talmente in pace con se stessa da inviare una foto del piccolo ad Arturo, che nel frattempo non aveva lasciato la moglie, ma nemmeno dimenticato Beatrice.
Quando Arturo ricevette la fotografia si sentì mancare, come se il mondo gli fosse caduto addosso con tutta la sua pesantezza. Gli interrogativi che lo avevano tormentato per mesi trovarono in quell’attimo la loro naturale spiegazione. Non era passato giorno senza che i pensieri giungessero a lei, ma non aveva avuto il coraggio di fare nulla. Con l’immagine del suo bambino negli occhi, fantasticava sulla nuova famiglia, avrebbe voluto correre da Beatrice e dirle che non l’aveva dimenticata e che l’amava più di ogni altra persona al mondo.
Nonostante tutto quest’amore, quanto la moglie arrivò all’improvviso alle sue spalle, sfilandogli di mano il cellulare e domandando spiegazioni riguardo a quella donna con neonato, il coraggio venne meno ed Arturo mentì per l’ennesima volta “Nessuno, solo una collega di Ferrara” cancellando la foto.
La moglie lo guardò non convinta, ma non volendo ricevere certezze ai suoi sospetti preferì cambiare discorso, coinvolgendolo nei loro affari di vita quotidiana
“Mi accompagni a fare la spesa?”
“Certo, vado a prendere la giacca”.
Beatrice a qualche centinaio di kilometri di distanza, si domandava quale sarebbe stata la reazione di Arturo, ma non ricevendo risposta, capì che il loro amore era definitivamente spezzato.
©Arianna Berna