Venerdì, 15 maggio: -1 al Viola Day
Ore 7.30
Mi sveglio sotto un cielo minaccioso e plumbeo. Con
aria crucciata preparo la colazione, afflitta da interrogativi ansiogeni
assortiti.
«E se domani piove?» mi ritrovo a domandare ad alta
voce.
Mi rispondono i silenziosi sguardi d’intesa, impastati
di sonno e sopportazione, delle mie figlie che ormai non mi reggono più.
Francesca, la maggiore, tuffa un taralluccio nel latte
e alza le spalle: «Che ti frega tanto sei al chiuso.»
«Eh ma ho i sandali! Forse dovrei mettermi le All
star...», affermo già piena di ripensamenti.
Sono in pieno loop da pre-debutto, completamente
succube della perenne indecisione e dai cambi di umore piuttosto repentini.
«Se piove ti copri con il mio ombrello di Peppa Pig»
suggerisce generosamente Chiara, la minore.
Visualizzo una proiezione mentale in cui incombe la tempesta
ed io annaspo verso il Salone con un vestito a fiori e i capelli
irrimediabilmente crespi, riparata soltanto da un minuscolo ombrellino a
porcelli. I bodyguard all’ingresso mi osservano, sghignazzano e si rifiutano di
farmi entrare.
La truce visione mi fa diventare pallida come il latte
ad alta digeribilità in cui Chiara, con un misto di sadico divertimento, sta
shakerando uno sventurato frollino da almeno quindici minuti.
Francesca percepisce il mio terrore, smanetta sul suo
smartphone e mi rassicura.
«Dai mamma non pioverà! Guarda, su meteo.it danno ventotto gradi domani.» e
mi passa sorridente un biscotto scacciapensieri.
«Ventotto gradi?» domando sbriciolando il dolcetto
dalla tensione «Ma io ho il giacchino in ecopelle! Morirò dal caldo!»
Al flash precedente se ne sostituisce un secondo in
cui ci sono io paonazza dietro ai microfoni, che zampillo come un boccione
dispenser di acqua microfiltrata. «Impossibile. Tu non sudi nemmeno quando
facciamo X tempo Energy.» asserisce sicura Francesca sistemandosi lo zaino
sulle spalle.
In effetti non ha torto. Nonostante sgambetti come
un’ossessa pur di bruciare qualche caloria le mie magliette restano sempre semi
intatte. Tanto che la mia insegnante mi ha vivamente consigliato uno due
fiaschetti di diuretico prima e dopo i pasti.
«Sei in una botte di ferro mamma. Tranquilla!»
Francesca mi lancia un bacio, ruba un mini muffin alla sorellina e svanisce, accompagnata
dal primo minaccioso e roboante tuono.
Tranquilla un ciufolo…
Ore 13.30
Per evitare che la mia mente
proliferasse nel generare proiezioni nefaste legate all’imminente debutto, mi
sono tuffata nelle pratiche da ufficio. La mattina è volata veloce ed ora devo
precipitarmi a raggiungere Mary, la fata madrina di Viola, per sistemare le
ultime cose.
Ho già evitato il temporale e preso un
tram al volo e sono moderatamente ottimista.
Ma a tre fermate dall’arrivo, alla
vettura girano i circuiti, e così succede che si ferma e dobbiamo scendere
tutti.
Camminare non mi spaventa ma oggi purtroppo
ho i tacchi – giusto per ammorbidirli e fare prove di equilibrio – due enormi
shopper imbottite di gadget racchiusi in conetti cartone profumato alla
vaniglia e violetta, un trolley con alcune copie del romanzo e un sacchetto bio
con kiwi e gallette.
Appena scendo, la tempesta si scatena,
nemmeno fossi nella foresta pluviale.
Accelero il passo e impreco mentre mi
sale uno strano solletico alla gola, accompagnato da qualche colpetto
dispettoso di tosse.
Sarà
l’affanno, penso tra me, mentre
inzuppata e carica vado avanti.
Raggiungo casa di Mary annaffiata, ma
con libri e scatoline miracolosamente in salvo.
Mentre le racconto l’accaduto sento che
il mio tono di voce si abbassa.
Pericolosamente.
Deglutisco e raschio la gola un paio di
volte.
«Sto… perdendo la voce…» sibilo
terrorizzata.
«No eh!», Mary sgrana i suoi grandi
occhi nocciola, «Non fare scherzi!»
Il mio cervello ne approfitta per
regalarmi un nuovo cortometraggio in cui questa volta i capelli sono a posto e
i bodyguard gentili, ma io sono completamente afona, davanti a un pubblico che
mi osserva curioso.
«Stai ferma lì, non parlare, non
respirare, non fare niente» mi lancia un asciugamano e inizia a tirare fuori
caramelle balsamiche, miele e tisane.
Il campanello suona. È il nostro amico
attore che ha avuto pietà dei nostri sms di supplica e viene a darci due dritte
su come parlare in pubblico senza tirare le cuoia.
Dice di non preoccuparmi per la mia
voce perché domani sarà forte e chiara.
Mi scolo due tazze di tisana e ascolto
con attenzione. Mary a titolo precauzionale accende un deumidificatore, due
bacchette d’incenso e una candela votiva. Almeno dove non arriva la medicina
magari provvede la grazia divina. Non si sa mai. E in questa cornice surreale,
tra suoni gutturali , parole sparate a raffica, vocali troppo aperte e bocca
troppo chiusa, svolgiamo la nostra prima lezione di public speaking.
Ore 19.30
La voce sta tornando quasi normale. Per
non rischiare Mary mi ha imposto una delle sue sciarpe di pura lana che ora
porto avvolta al collo. Piccola nota dolente: in mezzo giro di lancetta lunga,
siamo passati da meno diciotto a ventotto gradi. E mi trovo in un bus
surriscaldato poiché, inspiegabilmente, un terzo della popolazione torinese al
posto di andare a fare l’happy hour ha deciso di salire sul 2. E ora siamo qui
tutti insieme, ammassati appassionatamente.
Io sto praticamente baciando la
timbratrice elettronica e intanto cerco di proteggere le scatoline da
pressature ed urti che potrebbero rivelarsi fatali. Ogni tanto tuffo il naso
dentro per aspirare il buon profumo di vaniglia e violetta e mi rassereno.
Mi sa che Elena, la ragazza del bioshop
che li ha confezionati per me, deve averli intinti anche nei fiori di Bach per
alleviare la mia ansia che trapelava perfino dalle mail che le ho inviato a
raffica.
Credo che gliene sarò grata a vita. A
lei come a tutti quelli che stanno sopportando e supportando il mio sclero in
questa magnifica ma terrorizzante avventura.
Sta già per scapparmi la lacrimuccia ma
poi il bus si ferma alla mia fermata e io devo raccattare tutte le mie cose e
scendere. Prima di essere travolta dalle emozioni che già mi solleticano il
cuore e la gola.
Sabato 16 maggio: Il Viola Day!
Ore 8.00
Morfeo ha avuto pietà di me, facendomi
ronfare beata tutta la notte.
Anche il mio amorevole marito è
sorpreso dalla cosa, ma soprattutto ha evitato almeno per una notte, le
consuete quattro mappine che gli rifilo per tentare di interrompere le sue
esibizioni di russo notturno in la e fa
maggiore.
Fuori c’è il sole, io ho un sorriso
stile paresi e sono in fibrillazione.
Faccio un paio di vocalizzi test per
capire la situazione: la voce traballa un po’ e sono già in astinenza salivare
ma posso farcela.
Faccio il primo shampoo della giornata
(ne seguiranno altri due) e spezzetto un muffin con aria sognante mentre il
batticuore incalza. Sono un amalgama di emozioni sfaccettate e contrastanti.
Ho voglia di saltare di gioia e anche
di piangere a dirotto.
Del resto è un giorno troppo
importante, quello che aspettavo da una vita intera.
Tampono mascara e lacrimuccia
sfuggente, ripasso il gloss, indosso il giubbotto ciclamino, attacco il pass di
accredito alle maglie della maxi collana e salto sul mio arrugginito Doblò in direzione Salone del Libro,
trepidante verso le prime sorprese del Viola day.
Ore 10.00
Non ci posso credere, sono arrivata puntuale! Ho il
mio pacco di biscottini torinesi che non vedo l’ora di far assaggiare alle
blogger del gruppo “Lettrici Geograficamente
sparse.”
Anche perché hanno fatto degli incastri pazzeschi e si
sono svegliate all’alba per venirmi a salutare in Booksalad prima di dare il
via alla maratona di libri e presentazioni.
E io sono strafelice.
In questi giorni ci siamo wathsappate a manetta ed ho
ricevuto dosi maxi di entusiasmo e affetto. Adesso ho una voglia matta di dare
un volto e diversi abbracci a queste amicizie sbocciate sui social. Vedo tre
paia di All star avanzare verso lo
stand ed esulto infischiandomene del bon ton torinese.
Sbricioliamo sorrisi e biscotti, ci scambiamo doni,
libri, segnalibri,selfie e bigliettini.
Per loro è la prima volta al Salone tutte insieme come
blogger.
Per me è la prima volta come autrice.
Credo che conserveremo tutte questo momento nella
scatola dei ricordi preziosi.
Ci salutiamo con la promessa di nuovi incontri.
I visitatori iniziano ad affluire, qualcuno prende in
mano il mio romanzo, lo commenta, lo sfoglia.
Livio ed Anna Sophie, i miei editori, mi presentano
come l’autrice e io saluto con entusiasmo. In realtà vorrei accucciarmi tra gli
scatoloni sotto lo stand. O anche solo scappare dalla prima uscita di
sicurezza. Però non lo faccio.
Perché solo in quel momento, quando vedo persone che
non conosco comprare Viola o chiedermi delle curiosità sul romanzo, mentre vedo
i miei editori che raccontano la trama, mi rendo conto che, cavoli, sta
succedendo davvero!
Però la mia pancia si arrovella come un involtino
primavera.
Ore 15.30
Dopo una tappa obbligatoria dall’ estetista per
debellare eventuali cenni di irsutismo e dal fidato Maestro di Haute coiffure, che ha lottato a colpi di piastra e
brush per domare il mio carré, sono di nuovo a casa. Sto bene, se non fosse per
un allegro trio di polpette alle melanzane che mi fa girotondo nello stomaco.
Non dovevo, lo so. Il saggio amico attore mi aveva vivamente raccomandato di
fare solo un pasto leggero. Ma poi io sono passata a portare i biglietti
d’ingresso al Salone a casa di mia suocera e le polpette erano lì, fumanti e
appetitose e io per settimane mi sono nutrita solo di vegetali e gallette e…
quindi è andata come è andata. Mi consolo pensando che almeno avrò più energie
per questa sera.
Mancano ormai una manciata di ore che non stanno dentro
una mano, come io non sto più nella pelle. Mi arriva una nuova ondata di
timori, tremori e trepidazioni.
Calma e concentrazione. Niente panico. Adesso faccio
gli esercizio sconfiggi ansia che ho imparato ieri. Prendo il tappetino in
lattice espanso e il mastodontico vocabolario di Latino di Francesca.
Mi sdraio e appoggio IL CASTIGLIONE MARIOTTI sull’addome, iniziando a concentrarmi sulla
respirazione. Inspira, espira. La mia pancia si gonfia e sgonfia come un
palloncino.
In effetti funziona: mi sto davvero rilassando. Anche
troppo perché ad un tratto l’adrenalina cala e mi arriva una botta di abbiocco.
Sono le 16, magari un micro pisolino ci può stare.
Così stasera sarò fresca, riposata e, tra polpette e
sonnellini, piena di energia… spero.
Sprofondo tra le lenzuola e piombo in un sonno
profondo per circa dieci minuti. In cui accade di tutto. Microfoni che non
funzionano, scene mute, vestiti con la zip che non si chiude, congiuntivi
cannati in pieno.
Mi risveglio agitata e sudata a dimostrazione che il
fenomeno di traspirazione avviene anche nel mio corpo. Solo nei momenti meno
opportuni, ecco.
Il relax precedente è svanito, come la mia piega, che
è incautamente spirata, pressata tra i cuscini del mio fatale riposino.
Francesca, che sta vivendo con serenità pacifica il
mio debutto, godendosi l’assenza della sorellina minore che abbiamo esiliato
dalla nonna paterna, mi osserva preoccupata.
«Hai tutti i capelli schiacciati» afferma senza pietà
tornando immediatamente a concentrarsi sulle prove di Amici del duetto di Briga/Tiziano Ferro che, a causa mia, sarà
costretta a perdersi.
«Va beh, dopo mi passo la piastra» fingo indifferenza
e metto su la moka. In questo stato di tensione la caffeina mi farà solo solletico.
O al massimo disintegrerà le melanzane.
«Senti Francy mi ascolti mentre provo ad improvvisare
il discorso di questa sera?»
«Devo proprio?», scrollando le spalle, «Tanto devi
improvvisare, no?»
«Sì, sì. Però giusto per capire i tempi, se mi
impappino e se ha un senso quello che dico.»
Lei sorseggia un estathè
alla pesca, con lo sguardo fisso alla De Filippi che cerca di convincerci,
senza crederci per niente, della bontà dei confetti mandorlati.
«Okay, però vai nell’altra stanza, io ti sento da
qui», mi concede extrema ratio, «Sbrigati
che tra poco la televendita finisce.»
Acconsento anche perché i miei margini di trattativa
sono piuttosto limitati in questo momento.
Vado in camera da letto, respiro e mi metto davanti
allo specchio.
“Sicurezza, padronanza dello spazio” ha ripetuto ieri
l’attore allenatore. “Respiro di pancia e non di gola. Serenità. Gioia. È un
momento bello. Non vai al patibolo.”
Già, ha assolutamente ragione, tutto vero. Ma allora
chi è quell’esserino pallido e tremolante con il carré arruffato che mi osserva
dallo specchio? (...continua...)
©Monica
Coppola