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domenica 1 febbraio 2015
[ritratti] - Diario impossibile: scrive Andromaca - di Silvia Devitofrancesco
Notte. Un’altra notte. L’ennesima notte sola, senza te amore mio. Mi sembra così assurdo, così irreale… la verità è che non riesco ad accettare l’idea che tu, dolce Ettore, mi abbia lasciata.
La morte ti ha preso. La morte ti ha scelto come suo compagno per la vita eterna. La morte ti ha strappato con violenza al sole della vita. La morte ha condannato me, povera donna, ad una vita infelice. Signora morte prendi anche me.
Ettore, mio coraggioso Ettore, sei stato il mio punto fermo, la mia speranza, la mia forza… sei stato contemporaneamente mio fratello, mio marito e mio padre. L’amore per te mi ha cambiata, mi ha resa una donna migliore. Il tuo amore mi ha dato la possibilità di essere madre.
Tu, mia roccia, amavi tuo figlio. Sarà sempre viva nella mia mente l’ultima immagine di te padre. Tu, così tenero e affettuoso col nostro piccolo! Davanti a lui hai fatto cadere la tua maschera di guerriero e hai rivelato il tuo volto di padre. Momento che resterà indelebile anche nella mente di tutti coloro i quali leggeranno le nostre gesta nel poema “Iliade”. Ettore, mio sposo, sei un padre che non avrà mai la possibilità di vedere crescere suo figlio e un figlio che non avrà mai la possibilità di abbracciare suo padre, di confrontarsi con lui: un figlio condannato a “conoscere” suo padre attraverso i miei ricordi.
Il tuo dovere di guerriero ha avuto il sopravvento. Eri irremovibile. Combattere sempre e comunque. Combattere è un dovere, mentre amare è un piacere. Il dovere sempre prima del piacere. Con questa filosofia di vita hai affrontato la morte. Hai affrontato il terribile Achille in uno spaventoso duello. Ti sei arreso alla morte, hai teso le tue braccia verso di lei, ti sei lasciato uccidere da Achille, colui che non ha avuto compassione del tuo corpo e della tua memoria.
Non porto rancore. In me ho la forza del perdono. Non incolpo Elena, causa di tutti questi dolori, non prego affinché Achille lasci il mondo dei viventi, non desidero che le altre donne provino cosa significhi essere vedove. No, il rancore e la vendetta non sono per me, non sono di noi semplici comuni mortali. Il nostro è un destino di tacita accettazione. Tutto si compie per un motivo, anche se apparentemente tutto sembra così assurdo e noi non possiamo far altro che accettare, accettare, accettare…
Una notte nera e senza stelle proprio come quella che seguì il giorno della tua morte. Le stelle in cielo non brillano più, o almeno, non brilleranno più per la disperata e inconsolabile Andromaca.
©Silvia Devitofrancesco
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