Sembrava
tutto perfetto.
Io e Claudia
eravamo miracolosamente puntuali, l’Intercity era in orario, lo
scompartimento completamente libero.
Potevamo
pregustarci le due ore di treno che separavano Torino da Chiavari
assaporando chiacchiere e incipit per prepararci al laboratorio di
scrittura che ci attendeva a destinazione.
Tempo zero
ed io avevo già conquistato il sedile accanto al finestrino ed ero
pronta a scoprire perché la Signora Dalloway voleva
occuparsi dei fiori.
Claudia,
invece, era rimasta in piedi e, dall’alto del suo metro e settanta,
esaminava titubante il polveroso appoggiatesta «Chissà quando
l’hanno pulito l’ultima volta. Non è che ci prendiamo i
pidocchi?»
«Spero
proprio di no!» d’istinto avevo sollevato le mani sul caschetto
ancora fresco di shampoo mattutino. «Appena arriviamo ci laviamo
subito i capelli con l’aceto.»
«Ah sì,
come no, idea geniale» aveva risposto Claudia con tagliente ironia
«E magari il balsamo lo usiamo per condire la lattuga eh?». In
effetti fare un’affermazione del genere davanti alla consorte di un
hair stylist di
tendenza non era proprio una grande pensata.
Per evitare
di esprimere altre idee geniali, ma soprattutto per ignorare il
fastidioso prurito psicosomatico che incedeva rapido sulla mia cute,
abbandonai a malincuore l’incipit del romanzo a favore di
un’immediata e doverosa ispezione parassitaria.
Stavamo
esaminando una presenza alquanto circospetta zampettare sul logo FS
quando un tarchiato ometto dalla fronte umida aprì lo scompartimento
chiedendoci cortesemente se potevano
accomodarsi: lui,
l’adolescente figliolo nerd,
e uno zaino-frigo paffuto come il proprietario.
Ovviamente
il microorganismo non identificato colse l’attimo per mimetizzarsi
al volo e sparire dalla nostra vista in attesa del momento più
propizio per circumnavigare le nostre cuti e, possibilmente, farci
uno scalpo con i controfiocchi.
Le stesse
bellicose intenzioni erano condivise anche dal Giovane Nerd che
smanettava come un ossesso sul suo tablet sminuzzando gli alieni come
le verdurine per il soffritto.
Il suo
affamato patriarca nel frattempo, infischiandosene beatamente dei
conflitti intergalattici, dava inizio al suo sandwich
brunch sbriciolando spensierato molliche e
micro particelle di insaccati.
Poco male,
almeno i parassiti avrebbero avuto un menu alternativo alle nostre
folte chiome…
A quasi
cinquanta minuti dalla partenza la formazione che il nostro vagone
schierava era la seguente: ruoli di ala destra, posti lato
finestrino, la sottoscritta che doveva ancora capire la questione dei
fiori ma ora sapeva che la protagonista si chiamava Clarissa, e il
dirimpettaio Nerd che, a colpi di polpastrelli infuocati scongiurava
l’invasione del Pianeta Terra; nelle
vesti di mediano la
mia amica Claudia, che si deliziava con gli arancini delle pagine di
Montalbano mentre, poco più avanti, l’affamato Sbriciolatore,
rivestiva il ruolo di terzino fantasista
estraendo dalla borsa frigo un pout pourri
di polisaccaridi.
Il nostro
improbabile team da viaggio sembrava aver trovato un buon equilibrio
quando la porta si aprì di nuovo e, una tizia dagli zigomi spigolosi
come le sue ginocchia, restò ad osservarci in silenzio per qualche
istante nel suo griffato tailleur color dente di leone.
Più che
osservarci in realtà ci stava scannerrizzando…
Qualche
istante dopo, sbuffando vistosamente, estrasse due biglietti che
sventolò bieca in direzione finestrino «Quelli sarebbero i
miei posti…» Il suo indice laccato rouge
noir ci puntava più minaccioso dei raggi
laser che l’impavido Nerd diffondeva tra le galassie. «Posto
quindici e posto sedici. Quelli vicino
al finestrino, dove siete sedute voi…»
puntualizzò Miss Spigolo.
Per evitare
di spostare armi e bagagli, riposizionarli, e ritirarli giù in meno
di mezz’ora avevo tentato un compromesso. «Non è che potrebbe
accomodarsi nei posti liberi? Tra qualche fermata io e la mia amica
scendiamo…»
Ma lei non
aveva proferito parola. Era rimasta immobile, braccia appoggiate ai
fianchi, mento e Wonderbra
in fuori. Il suo non verbale dichiarava, in modo forte e chiaro, che
non si sarebbe affatto mossa da lì…
Sembrava non
esserci alternativa e così ci rimescolammo tutti come le carte di
una partita a sette e mezzo predisponendoci come sua Altezza e
Scortesia desiderava.
A quel punto
un ghigno soddisfatto le aveva increspato le labbra «Ludovica adesso
puoi entrare…» aveva ordinato con la stessa autorevolezza di un
Top Manager. E così uno scricciolo di ragazzina con i capelli a
spaghetto era filata dritta e muta ad occupare il primo dei
famigerati posti accanto al finestrino.
Il giovane
Nerd tutto ringalluzzito aveva sollevato lo sguardo dalle battaglie
virtuali alla nuova arrivata e subito le aveva regalato uno
sfavillante sorriso d’acciaio.
E anche la
timida giovinetta dai lisci capelli aveva sentito uno strano volo di
farfalle ed aveva risposto spontanea con lo stesso sorriso.
Ma era stata
silurata dalla spigolosa genitrice giallo vestita e così, arrossendo
fino alla punta del naso, si era trincerata dietro il suo minuscolo
kindle, rimpiangendo
lo spessore di un grande classico russo che di certo le avrebbe
garantito più privacy.
Lo
scompartimento adesso era sold out ma non fiatava una mosca: un
silenzio gelido come i cubetti di spinaci assiderava l’atmosfera.
Miss Spigolo
aveva sistemato sdegnosa i suoi bauletti LHVM e poi era
misteriosamente svanita. Ovviamente senza che nessuno la
rimpiangesse.
Tantomeno
Ludovica che, resa più coraggiosa dalle vibrazioni del colpo di
fulmine, stava tentando di scalfire il guscio della timidezza
scambiando qualche parola con il Nerd. E proprio quando i semi del
novello amore erano pronti a sbocciare l’idillio venne interrotto
da un frastuono stridente: l’inquieta Miss Spigolo, purtroppo, era
tornata.
Questa volta
era alle prese con una valigia abnorme e gialla, che cercava di
trascinare a tutti i costi, nonostante l’ossuta corporatura.
Io e Claudia
ci scambiammo un rapido sguardo d’intesa: vista la sua estrema
scortesia non avremmo mosso un dito per aiutarla. Così ci rituffammo
nei capitoli dei rispettivi romanzi fingendo assoluta indifferenza,
tacitamente sostenute anche dallo Sbriciolatore e dal Nerd dal cuore
ormai infranto.
Nel
frattempo Miss Spigolo ce la stava mettendo proprio tutta ma il
bagaglio non si muoveva di un millimetro. Il controllore poco
distante osservò la scena e ci raggiunse in tutta fretta.
Lei
l’accolse con un subdolo sorriso di circostanza. «Oh finalmente
qualcuno in grado di aiutarmi. Ehm, vorrei metterla lassù…»
questa volta il suo artiglio aveva indicato lo striminzito
portabagagli che sporgeva inquietante sopra le nostre teste.
Il
bigliettaio però aveva scosso il capo deciso «No, è impossibile.
Questo bagaglio è fuori misura signora…»
Il sorriso
si era increspato sulle labbra contornate di matita. «No, no, si
sbaglia! È assolutamente regolare!»
«Certo, per
un Air force one,
forse!» il controllore si era fatto un’allegra risata «Se vuole
sistemare quella cosa deve
trovarsi uno scompartimento libero. Qui non può stare.»
«Farò le
mie rimostranze al vostro servizio clienti!»
«Faccia
pure come le pare purché mi liberi il passaggio.» l’aveva zittita
lui, per nulla intimorito.
«Ludovica!
Alzati! Cambiamo carrozza!» Miss Spigolo livida in volto si era
finalmente decisa a togliere il disturbo.
La ragazzina
aveva incrociato lo sguardo implorante dell’adolescente che,
stregato dal suo acerbo fascino, aveva compromesso il destino
dell’umanità a vantaggio delle forze aliene .
«Ma mamma,
ci siamo appena sistemate!» tentò di opporsi Ludovica.
Ma l’arida
matriarca era irremovibile «Niente ma! Alzati immediatamente! Non
voglio restare un istante in più!» La povera Ludovica a malincuore
fu costretta ad obbedire e così lei, la sua appuntita madre, la
coppia di bauletti Vuitton e l’abnorme valigia vagarono inquiete
per i corridoi dell’intercity 551, durante un sabato novembrino,
alla ricerca di una fissa dimora, mentre un giovane Nerd dal cuore
frantumato ma impavido ricominciava a lottare per la salvezza del
Pianeta.
©Monica
Coppola